Trana
Trana negli anni del cinema muto
(Collez. Museo Nazionale del Cinema di Torino)
Questa è la foto che ha permesso a Gianna Chiapello di scoprire il
coinvolgimento di
Trana nella storia del cinema Italiano. E’ tratta dal film “il
ponte dei sospiri” del Regista
Domenico Gaido, girato nel 1921 sia a Venezia che a Trana, prodotto dalla
Pasquali film.
Quando mio padre mi raccontava dell'esperienza vissuta nel
mondo del cinema, negli anni in cui Torino era il maggior centro di produzioni
cinematografiche d'Italia, non avrei mai immaginato che un giorno mi sarei
rammaricato di non aver preso appunti mentre lui parlava e di non esser andato
più a fondo sull'argomento. Se lo avessi fatto, forse ora potrei disporre
di qualche altro elemento per rendere più ricco di aneddoti questo
capitolo dedicato a quei film i cui "esterni", come vedremo più
avanti, furono girati proprio a Trana fra il 1910 e il 1921.
Mio padre aveva nove anni quando fu scelto, assieme a tanti suoi coetanei,
per fare la "comparsa generica" nel film Cabiria che il regista
Giovanni Pastrone stava realizzando negli studi di Torino della Itala Film.
Purtroppo non ricordo come ciò avvenne, ma, dal momento che i miei
nonni erano molto poveri, suppongo che non si fossero lasciata scappare l'occasione
di veder entrare in casa qualche lira in più. E quindi probabile che
avessero deciso di mettere il maggiore dei loro tre figli a disposizione di
una delle tante "manifatture del cinema" che in quel periodo, nel
capoluogo torinese, spuntavano come i funghi nei boschi offrendo lavoro saltuario
a persone di tutte le età nel ruolo di semplici "comparse"
nei primi film cosiddetti "storici".
Di Cabiria mio padre ricordava le innumerevoli volte in cui fu convocato per
prendere parte alle scene di massa (le riprese del film durarono sei mesi),
degli stracci che gli facevano indossare, della paura che lui ed i suoi coetanei
avevano della grande statua del "dio del fuoco", il grande Moloch,
alta parecchi metri, e di quando, nonostante la finzione scenica e la presenza
di moltissime persone impegnate nella ricostruzione di quel rito pagano ambientato
nell'antica Cartagine, nell'enorme ventre infuocato del dio venivano gettate
giovani fanciulle destinate al sacrificio. Poi mi parlava di Maciste, il "gigante
buono" che era riuscito a salvare una di quelle sventurate, il cui nome
era Cabiria, proprio mentre stava per essere gettata nel ventre di Moloch.
(Collez. Museo Nazionale del Cinema di Torino)
Una scena tratta dal film “Epopea Napoleonica” prodotto nel 1914
dalla Ambrosio.
Sullo sfondo è chiaramente visibile il campanile del Santuario N.S.
della Stella.
Dopo Cabiria, mio padre mi raccontava di aver preso parte
alla lavorazione di parecchi altri film, specie negli anni immediatamente
successivi alla fine della prima guerra mondiale, e quasi sempre nello stabilimento
della Ambrosio, ma non ricordo che abbia mai accennato ad una sua "trasferta"
fino a Trana per le riprese dei cosiddetti "esterni", cioè
di tutto quanto veniva girato al di fuori degli appositi fabbricati, chiamati
"teatri di posa", dove lui era solito recarsi. Sarebbe stato un
avvenimento troppo importante per lui, davvero difficile da dimenticare.
Trana, per chi non lo sapesse già, rappresenta un punto importante
nella storia del cinema italiano. Questa località fu scelta dall'allora
nascente industria cinematografica per tre validi motivi. Primo: la ferrovia
permetteva un comodo spostamento del personale e delle attrezzature. Secondo:
la presenza nel territorio tranese di alcuni luoghi che offrivano gli scenari
naturali molto adatti ai film d'azione, difficilmente reperibili altrove,
come la cava di pietra, la torre con i ruderi circostanti, il torrente Sangone,
la sommità del Moncuni, nonché la vicinanza dei laghi di Avigliana.
Terzo: l'ottima accoglienza della gente del posto alla grande novità
del momento, il cinema. I tranesi si dimostrarono subito disponibili non solo
a fornire mano d'opera, animali e quant'altro servisse per la realizzazione
delle scene, ma anche a prendervi parte come comparse, ricevendone in cambio
un apporto di denaro liquido che diversamente non sarebbe mai arrivato. A
questo proposito, abbiamo una testimonianza più che valida, quella
fornita dall'ex-Sindaco Fernando Sada. Suo padre, allora ventenne, aveva partecipato
più di una volta come comparsa in sella al proprio cavallo. In questo
caso, cioè quando si metteva a disposizione del produttore del film
anche un qualsiasi animale di grossa taglia (cavallo, asino, mulo o bue),
la paga che si percepiva era più alta.
(Collez. Museo Nazionale del Cinema di Torino)
Dal film “Albania ribelle”, prodotto nel 1910 dalla Unitas.
Benché nei libri che raccontano la storia del cinema
muto italiano non venga fatto alcun riferimento a Trana, è accertato
che, non appena a Torino scoppiò il boom dell'industria cinematografica,
le varie case produttrici si misero alla disperata ricerca di luoghi pittoreschi
nei quali ambientare i loro "esterni". Per ovvii motivi di risparmio,
le ricerche vennero concentrate nei dintorni del capoluogo. Rivoli, Moncalieri,
Stupinigi, Piossasco, Lanzo e molti altri comuni furono probabilmente battuti
a tappeto da registi e scenografi, ma ben presto, appunto per i motivi sopra
elencati, molti finirono col scegliere Trana.
Dalle cronache dell'epoca e in particolare da un articolo del 1920 firmato
da GECH (Giuseppe Eugenio Chiorino) si apprende come, in certi periodi dell'anno,
questa località, fino a quel momento dedita esclusivamente alla produzione
della frutta ed alla raccolta dei funghi, venisse di colpo invasa da una moltitudine
di gente in costume, mentre squadre di carpentieri erano impegnate, a volte
per intere settimane, ad erigere costruzioni che poi, a riprese ultimate,
«crollavano come castelli di carte». Durante le pause di lavorazione
dei film, nella via centrale di Trana si poteva incontrare Annibale, Giulio
Cesare, Spartaco, Attila, Napoleone, Zorro e il Conte di Montecristo, oppure
vedere all'osteria un cow boy e un "pellerossa" seduti allo stesso
tavolo. Un giornalista, uno dei primi che venne a Trana al seguito di una
troupe, commentò ironicamente il fenomeno: «Prima dell'esplosione
del "morbo cinematografico" Trana era un posto tranquillo, immune
d'ogni avventura. Oggi il paese è macchiato da chi sa quanti "delitti",
ma i suoi "morti" son tutti vivi!» E poi ancora: «Benché
a Trana non ci sia un cinematografo, da qui sono passati Annibale, Attila,
Napoleone... E Carlo Magno "magnò" all'osteria gli eccellenti
pesci pescati nel Sangone!»
A questo punto è bene ricordare brevemente com'è che Torino,
dal niente, diventò "la capitale del cinema" in Italia.
«All'inizio del secolo scorso, una città, improvvisamente, provò
desiderio di "fantasticheria". E ne costruì le fabbriche.
Fabbriche di strani oggetti scoppiettanti, mossi dalla benzina e che andavano
sulle ruote - detti automobili -. E di altrettanto cose, dette pellicole,
che davano anima alle ombre e corpi ai fantasmi...».
(Collez. Museo Nazionale del Cinema di Torino)
Dal film "Il ponte dei sospiri", prodotto nel 1921 dalla
Pasquali & C, girato sia a Venezia che a Trana. Non c'è
dubbio che questo film sia stato girato a Trana...
Queste parole sono tratte da uno dei tanti libri che celebrano
la nascita del cinema a Torino, dei suoi "anni d'oro" e del suo
declino, agli inizi degli "anni trenta", allorché, "per
volere del Duce", tutto fu trasferito a Roma, dove stava sorgendo Cinecittà.
All'alba del Novecento, Torino si era trasformata da ex-capitale decaduta
del Regno d'Italia legata alle sue vecchie tradizioni, la città dei
bògia nen, in un centro industriale di prim'ordine animato da fermenti
di modernità. Il risveglio dal lungo torpore era iniziato nel 1899,
con la nascita della FIAT, e solo sette anni dopo era sorta l'Ambrosio, prima
di una nutrita schiera di stabilimenti cinematografici nei quali erano impegnati,
finanziariamente s'intende, banchieri, industriali, agenti di cambio, commercianti
e liberi professionisti. Fra il 1911 e il 1915, gli stabilimenti erano oltre
una ventina e tutti, indistintamente, si erano messi a sfornare, ad un ritmo
davvero impressionante, sia film a lungometraggio che documentari (nel triennio
1908-10 la media annua fu di 130 film prodotti, mentre nel 1911 l'Aquila Film
produsse, da sola, oltre un centinaio di pellicole). Purtroppo, pochi di questi
stabilimenti superarono la battuta d'arresto imposta dalla guerra.
Tuttavia, alla fine del primo conflitto mondiale, erano ancora una dozzina
le case cinematografiche operanti a Torino. E la gente impazziva per questa
nuova invenzione, benché i film fossero muti, affollando i cinema in
ogni ordine di posti.
I maggiori successi li ebbero nel 1913 "Quo vadis?" del regista
Enrico Guazzoni (2250 metri di pellicola), ma soprattutto "Cabiria"
girato due anni dopo da Giovanni Pastrone con didascalie di Gabriele D'Annunzio
e musiche di Ildebrando Pizzetti (4500 metri di pellicola, costo oltre un
milione di lire, durata quattro ore), un vero colosso che segnò l'inizio
di un filone, quello dei film storici, destinato a durare per mezzo secolo.
La pellicola fece il giro del mondo suscitando ovunque ammirazione e persino
l'invidia da parte dei maggiori registi d'oltre oceano, ad Hollywood, non
solo per il genio creativo di Pastrone, ma soprattutto per alcune nuove tecniche
adottate nelle riprese. «Molte delle innovazioni che pensavamo fossero
americane - ha dichiarato a tal proposito il regista Martin Scorsese - hanno
invece avuto origine da questo film.» "Cabiria" è riapparso
di recente sugli schermi torinesi, dopo il restauro curato dal Museo del Cinema
di Torino in collaborazione con Joao de Oliveira presso gli studi Prestech
di Londra: il 13 marzo 2006, 1600 spettatori affollavano il Teatro Regio per
la "prima" con l'esecuzione sinfonica della partitura originale
dei maestri Pizzetti e Massa. E il 31 gennaio scorso nella Sala Tre del Cinema
Massimo, con accompagnamento al pianoforte del maestro Stefano Maccagno.
(Collez. Museo Nazionale del Cinema di Torino)
Dal film "Zavorra umana", prodotto nel 1919 dalla Ambrosio. Di questa
pellicola conosciamo pure la trama:
«Elena Champlin, proprietaria di un acciaieria in Canada, tratta molto
male un ingegnere forestale che è
innamorato di lei, anzi, lo disprezza al punto di chiamarlo nientemeno che
"Zavorra umana"! Ma, quando una
banda di fuorilegge rapisce Elena e la nasconde in una torre inaccessibile,
l’ingegnere, aiutato da un ex-saltimbanco,
interviene in suo aiuto servendosi di una mongolfiera e riesce a liberarla,
dopo aver sconfitto i banditi.
La bella Elena, che finalmente ha compreso i sentimenti dell’uomo, ne
ricambia alla fine l’amore.»
Nella foto la mongolfiera e la Torre di Trana non ancora restaurata
Sia in "Quo Vadis?" che in "Cabiria"
figuravano due "giganti buoni": Ursus, nel primo, interpretato dall'attore
Bruno Castellani che a Londra fu complimentato nientemeno che dal Re d'Inghilterra,
e Maciste, nel secondo. Quest'ultimo, interpretato da Bartolomeo Pagano, scelto
da Pastrone tra gli scaricatori del porto di Genova e che poi venne a stabilirsi
a Torino in zona Gran Madre, piacque talmente al pubblico da indurre alcuni
registi a realizzare attorno alla sua figura possente tutta una serie di film.
Il primo fu Maciste, al quale seguirono Maciste Alpino, Maciste Imperatore,
Maciste all'Inferno ed altri ancora.
Abbiamo accennato ai motivi per i quali molte case cinematografiche torinesi
avevano scelto Trana per girare i loro "esterni". Ma, grazie all'interessamento
della signora Gianna Chiapello, siamo stati anche in grado di inserire in
questo capitolo una documentazione fotografica davvero eccezionale. Si tratta
di immagini di scena e di lavorazione nelle quali sono facilmente riconoscibili
sia il campanile del Santuario di N.S. della Stella di Trana sia la torre.
Seguendo la traccia di una vecchia foto scattata nel centro di Trana, e dopo
una lunga e laboriosa ricerca all'interno del Museo Nazionale del Cinema di
Torino, la Chiapello è riuscita a risalire ai titoli citati. Abbiamo
voluto riportare in questo capitolo solamente i dati certi, cioè quelli
suffragati da documentazione fotografica dove si individua il passaggio Tranese,
ma sicuramente i film girati sul nostro territorio sono di più di quelli
citati che potranno essere riportati in seguito, su una successiva pubblicazione,
dopo altre più approfondite indagini. Ringraziamo pertanto: il dott.
Alessandro Casazza, Presidente del Museo, il direttore dello stesso, dott.
Alberto Barbera, la dott.ssa Donata Pesenti Campagnoni, responsabile delle
"Collezioni Museali", la dott.ssa Roberta Basano, per il prezioso
contributo fornito e per la cortese disponibilità .
Testo di Ezio Capello
Dal libro:
TRANA
Frammenti di storia e di vita
Stefano Barone – Ezio Capello
Lazzaretti Editore, 2008.
Trana una grande balena
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Maria Teresa Pasquero Andruetto