Il Sangonetto da Trana, Sangano a
Piossasco
Dai
Bandi campestri di Sangano delli 16 Settembre 1730
67 - Niuno
potrà divertire l'acqua della Bealera comune destinata per
servizio de' Beni di Sangano fuori d'esso Territorio, sotto pena di
pagare tre scudi d'oro di bando, ed altrettanto d'emenda.
68 - Chi
sarà ritrovato a romper le Ficche della Bealera del Molino
del Luogo di Sangano, che serve anche al comune, per adacquar li Prati
del medesimo Territorio, principianti dette Ficche nel Torrente Sangone
vicino alla Cascina del fu Signor Conte Baronis, poco discosta dalle
Vigne dette delle Coste, e continuando dette Ficche fino all'Alveo
di detta Bealera comune, incorrerà la pena di scudi cinque
d'oro di bando, oltre la restituzione, e risarcimento de' danni al
Padrone dell'acqua.
69 - Che
niuno possa metter pietre, o altri impedimenti, per quali si tolga,
o si ritardi il corso dell'acqua della Bealera comune, sotto pena,
cioè a quelli del Luogo, d'un scudo d'oro; E quanto alli Forestieri,
di scudi tre d'oro di bando per caduno, e per ogni volta, che si contraverrà,
oltre l'emenda, salvo nell'occasione di bagnar li loro Prati propri,
nel qual caso sarà lecito a' medesimi Particolari di metter
una fascina, o un asso a traverso di detta Bealera per adaquar detti
Prati, ed Orti.
70 - Chi
esporterà Schiansoyre dalli Bocchetti mastri delle Bealere,
siano di bosco, o pietra, incorrerà nella pena di scudi due
d'oro di bando, ed altrettando d'emenda.
71 - E
chiunque divertirà le acque che non gli sono spettanti, o sia,
divertirà il loro corso, o aprendo bocchetti, o facendo alvei,
e fossi ne' fondi altrui, per introdurle nelli propri, incorrerà
il bando d'un scudo d'oro per caduna volta.
72 - Chi
si troverà a gettar paste, o calcina nelli Torrenti, discorrenti
ne' rispettivi sudetti Territori a Pesci, incorrerà la pena
di tre scudi d'oro di bando per ogni volta, ed altrettanto d'emenda.
|
Dizionario
geografico Goffredo Casalis 1849
Piossasco
- Varie correnti d'acqua bagnano i terreni di Piossasco e sono il
Chisola, il Torri, il Sangonetto, la bealera superiore, quella che
chiamasi Rittana
, ed alcune altre che si chiamano inferiori.
Il torrente Chisola proviene dalle montagne di Cumiana, solca una
parte dell'agro di questo comune, passa in quello di Piossasco nel
suo lato meridionale, ed indi rivolgendosi al luogo di Volvera prosiegue
il suo Corso insino al Po.
Esso attraversa sul piossaschese territorio la strada provinciale
che da Pinerolo tende a Susa, e vi è valicato da un ponte in
cotto statovi costrutto a spese della provincia di Torino: l'acqua
non essendone perenne scarseggia di pesci.
Il rivo Torri discende dai balzi di Piossasco verso ponente, e dopo
un breve corso su questo suolo, va a scaricarsi nel Chisola, attraversando
la strada comunale per a Cumiana: ad esso vi soprastà un ponte
in legno.
Il rivo Sangonetto, così chiamato perchè è un
braccio del torrente Sangone, ha la sua origine nel luogo di Trana,
in distanza di tre miglia da Piossasco tra ponente e borea serve di
scolatore per le acque che discendono dalla montagna di Sangano verso
levante, riceve una parte di quelle che si adoprano per l'irrigazione
dei prati, e intersecando il territorio di Piossasco nella direzione
da tramontana a mezzodì va eziandio a metter capo nel torrente
Chisola. Il Sangonelto interseca parecchie vie comunali sotto a ponticelli
di cotto; attraversa pure la strada provinciale, ove tragittasi col
mezzo di un bellissimo
ponte di cotto. Le acque di questo rivo servono
ad irrigare i prati , e a dar moto a quattro edifizi meccanici. I
pochi pesci alimentati dal Chisola e dal Sangonetto sono di buona
qualità.
La bealera superiore, che è un canale destinato ad adacquare
i prati,derivasi dal torrente
Sangone in vicinanza del luogo di Trana;
passa pel territorio di Sangano,
e s'inoltra in quello di Piossasco, solcandolo da levante a ponente.
La bealera Rittana
formasi in sul territorio di Bruino da due diramazioni provenienti
l'una dal Sangonetto, l'altra direttamente dal Sangone; scorre in
sull'agro di Piossasco verso levante.
Le bealere inferiori si chiamano di Braida, Paperia,
Savino, Rosso
e S. Lazzaro; dipartendosi dal Sangonetto diramatisi per irrigare
le praterie situate ad ostro di questo paese.
|
Bealere
e canali
Attualmente
il paese di Piossasco gode di acqua abbondante: ma un tempo non era
così: la popolazione era poca e si accontentava di pozzi e
di qualche fontana. Poi aumentarono gli abitanti, si accrebbe la coltura
della campagna e si fece sentire il bisogno di acqua per le necessità
delle famiglie e per l'irrigazione dei prati e dei campi. Si pensò
allora di andarla a prendere al torrente Sangone, nel territorio di
Trana.
Già esisteva una Bealera che dal Sangone portava l'acqua a
Sangano, e ne avevano diritto il Convento di Sangano e quello di Rivalta
per i terreni di loro proprietà, o dipendenza. L'I1-12-1288
fu definita una questione, sorta fra i due Conventi per un prato da
irrigare. Rappresentava Sangano il Prevosto «Prepositus Ecclesie
Sancte Marie de Sangano», che era uno dei Signori di Piossasco
e si chiamava Valfredo (o Gualfredo).
Piossasco pensò di usufruire della stessa Bealera: comperò
i diritti del Convento di Rivalta, pagandogli un censo annuo ; entrò
in trattative per avere da Trana una maggior quantità d'acqua,
obbligandosi ad un canone annuo da pagarsi agli Orsini Conti di Orbassano
e Consignori o Feudatari di Trana. Il contratto porta la data del
10-6-1492.
Per altra parte l'Abate di Sangano, Amedeo dei Marchesi di Romagnano,
con Atto del 10-5-1494 concedeva che il Comune di Sangano e i suoi
abitanti potessero usare per irrigazione ed altri usi l'acqua della
bealera di Sangano, che era di uso esclusivo dell'Abazia.
Questa Bealera diede un sacco di noie alla Comunità di Piossasco
e costò gravi spese. I particolari di Trana, specialmente in
tempo di siccità, si trovavano a mancare l'acqua per irrigare
i loro poderi, e quindi di quando in quando rompevano la «ficca»
o diga, che fatta attraverso il Sangone, dirigeva l'acqua nella Bealera.
Nascevano allora questioni e risse fra i particolari di Trana e quelli
di Piossasco. La causa venne portata davanti al Giudice Pretore di
Rivoli, il quale il 28 luglio 1789 faceva un sopraluogo a Trana, per
rendersi conto del come quei di Trana avessero modificata in loro
favore la ficca, che i Piossaschesi pretendevano che fosse rimessa
in pristino.
La Comunità di Piossasco, allo scopo di terminare ogni questione
e assicurare la quantità d'acqua necessaria per il paese,
comperava la Fucina,
posta poco sotto Trana, la quale era funzionata
da un canale d'acqua, corrente lungo la sponda destra del Sangone.
La Comunità, padrona di quest'acqua, sperava di non avere più
molestie.
Ecco i documenti dell'archivio comunale, riguardanti questa compera
:
«Nel dicembre 1799 il Sindaco Domenico Ferrerò è
mandato a Torino in compagnia del Consigliere Pietro Serra per ottenere
da' Signori Maggiori Registranti lo sborso di una somma per convertirla
nell'acquisto della Fucina di Trana».
Nello stesso mese la Fucina
viene acquistata «con stipolazione della vendita fatta dal sig.
Conte di Trana,
Gromis Carlo, alli Francesco Ollivero, Gioanni
Ferrerò, e Felice Nariga, della Fucina di Trana, e da questi
acquistata per conto della Comunità».
E nel marzo 1800 a Pinerolo è fatto lo strumento nell'ufficio
della Regia Intendenza, col quale strumento i suddetti « fanno
dismissione della Fucina di ferro alla Comunità ».
L'acqua del Sangone fu una vera ricchezza per Piossasco e segnò
un progresso sotto ogni aspetto : si costruirono Molini (attualmente
sono tre); si fabbricarono Piste per fiaccare le noci e farne dell'olio;
Piste per la canapa; Piste per la piccola industria della Rusca; sorsero
piccole officine, come la Fuccina
da ferro di proprietà della signora Marchesa
di S. Tommaso e della Contessa Galleani di Barbaresco, situata nella
regione che ancor oggi è chiamata «La fucina».
E soprattutto migliorò l'agricoltura.
L'acqua proveniente da
Trana, entrata nel territorio di Piossasco venne
divisa in tre Bealere o Canali :
a) -Bealera
Superiore, che camminando sul fianco del monte
San Giorgio, attraversa la Frazione Piazza, passa sotto i muraglioni
dei Castelli e va a perdersi verso la regione S. Bernardino.
b) -Bealera
Inferiore che attraversa il centro del paese,
scorre al piano, prendendo il nome di Sangonetto. Sul suo cammino
l'acqua incontra diverse ficche o dighe, che distribuiscono l'acqua
ai cascinali e ai loro fondi.
c) -Bealera
Rittana, che porta l'acqua alla regione Garola.
Molti grattacapi ebbe sempre la Comunità di Piossasco prima
per la Bealera di Trana e poi per le Bealere che dalla prima si diramano.
Le questioni nascevano soprattutto per la ripartizione dell'acqua,
che gli utenti non trovavano equa e giusta. Quindi avvenivano furti
dell'acqua e rotture delle ficche; e quindi ricorsi alla Comunità
(in Municipio) perchè mettesse le cose a posto.
La Bealera inferiore, oltre la Paperia, si divide in tre diramazioni.
La ficca o diga che ne fa la divisione è detta appunto delle
tre Bealere. Nel 1912 iniziava e continuava per diversi anni una grossa
lite: il Vicario di S. Vito per tutelare i diritti dei prati della
Cascina del Beneficio; la Contessa Piossasco di None per salvaguardare
i diritti della cascina Morello di sua proprietà; i sigg. Porporato
Pietro e Bellone Savino per mantenere i diritti delle loro relative
cascine si unirono e insorsero contro il Comune e il Consorzio delle
Bealere per la ingiusta ripartizione e la minacciata riduzione dell'acqua,
di cui i loro beni avevano sempre goduto. Il Comune e il Consorzio
perdettero la lunga lite e dovettero pagarne le gravi spese.
Storia civile e religiosa di Piossasco - Alzani 1965
Giuseppe Fornelli
|
Luciano
Suppo
L'acqua
In Piossasco mancando le più elementari forme
di archivio storico, si è scritto poco e quindi mi accingo
a scrivere quelle testimonianze prese dal vivo con persone il cui
ricordo si tramanda nel tempo dei bisnonni, ai nonni, ai loro nipoti.
Inizio con l'aneddoto simpatico raccontatomi da mia madre, lasciatogli
come forse tutti gli altri che seguiranno, infasciti di leggenda popolare.
Racconta dunque Cattanea Orsola (1899), in Piossasco l'acqua è
sempre stata una carenza naturale e di conseguenza la si chiedeva
o si sottraeva a secondo dell'umore popolano ai Comuni che sono vicini
alle fonti della vita, uno di questi fu e lo è tutt'ora il
paese di Trana. All'interno di questo paese scorre il Sangone che
raccoglie le acque della valle di Giaveno.
Ordunque un lunedì dell'anno attorno al 1700-1800 le donne
di Piossasco vollero come era consuetudine lavare i panni del lavoro
e della casa (gli altri giorni erano dedicati al lavoro dei campi
o alla cura della prole), ma manca l'acqua, dentro ai piccoli corsi
d'acqua che passava in mezzo alla strada e che con l'ostruzione di
pietre e terra formavano delle piccole anse, oppure nei rioni si erano
fabbricati dei lavatoi o abbeveratoi come lo dimostrano le vie antiche
o borghi intestati: vicolo Gurgo, ponte
Borgiattino, la Loia, ecc., trovandosi le donne
tutte assieme senza materia prima del loro lavoro di casalinghe, si
recarono a protestare dalla locale autorità affinché
mandassero degli uomini a ripristinare la diga
sul Sangone a Trana, ma l'autorità si rifiutò
in quanto al disfacimento della diga stessa erano gli uomini di un
altro paese nelle stesse condizioni di Piossasco, Rivalta, mandando
gli uomini di Piossasco equivaleva creare delle controversie che sfociavano
in liti.
Le donne allora presero una decisione che fu fatale e determinante,
si recarono a piedi fino a Trana, portandosi i figli più piccoli
e giunte presso il luogo dove vi era la deviazione
che incanalava l'acqua a Piossasco entrarono nel Sangone e si misero
a rifare la diga; potete ben capire il disappunto dei rivaltesi, ai
quali si unirono anche le autorità dell'acquedotto, un altro
ente che vantava dei diritti sulle acque del Sangone, questi cercarono
con tutti i mezzi di dissuadere le donne a fare la diga, le minacciarono,
le insultarono, senza ottenere l'abbandono del lavoro intrapreso,
essi non potendo venire a lite con le donne, si rivolsero a quelli
che allora erano le forze di giustizia; le Guardie Regie arrivarono
sui loro cavalli e si misero sulla sponda in segno di autorità,
il loro comandante in tono imperioso ordinò: «In nome
del Re abbandonate quello che state facendo, altrimenti l'arma del
Re ne avrà ragione». Fu allora che si compì la
storia dell'acqua, allorché una di quelle donne si eresse sulla
persona alzando oltre il ventre la lunga gonna e gridò: «Voi
capitario avete l'arma del Re, ma noi guarda abbiamo l'arma della
Regina che ottiene tutto dal Re».
A queste parole le Guardie Regie ritornarono scornate a riferire ai
loro superiori; non molto tempo passò che una ordinanza autorizzava
che la diga poteva essere fatta, solo con pietre e terra, ma poteva
essere fatta, di conseguenza le autorità di Piossasco acquistarono
una fucina nel territorio di Trana la quale diede la possibilità
di istituire per legge la deviazione di una quantità sufficiente
di acqua per far girare i magli della fucina stessa e dopo scaricare
l'acqua nel canale che la portava a Piossasco.
Vita e tradizioni di Piossasco
Alzani Pinerolo - luglio 1980
|
Lapis 1992
Il nostro Sangone
Le nostre antiche bealere
Non
sembra azzardato ipotizzare che, tra il secolo XII e l'inizio del
XIII, la disponibilità di risorse materiali e umane, l'intraprendenza
militare e politica dei Signori di Piossasco abbiano consentito ai
Piossasco di dedicarsi ad un'opera di bonifica agraria di notevole
impegno, quale la costruzione di un sistema di canalizzazione delle
acque, il cui corso principale fu il Sangonetto, in grado di incrementare
sostanzialmente la potenzialità produttiva del territorio piossaschese.
Ciò ammesso, resta tuttavia il problema della documentazione
di questo aspetto della storia della zona che, per il periodo più
antico, pare molto più sguarnito di testimonianze nei confronti
dell'aspetto politico-istituzionale. Ma questa difficoltà non
ci sembra limitare la suggestione dell'ipotesi ora avanzata, anche
se non aiuta a provare l'esistenza del Sangonetto molto tempo prima
del 1348-49,
data del primo documento (riportato anche nell'archivio comunale
di Piossasco) in cui il canale è testimoniato.
Ci riferiamo ad una sentenza arbitrale in cui si riconosce che i Signori
di Piossasco ormai hanno consuetudine di derivare da Trana sul loro
territorio, per mezzo di un apposito canale (il Sangonetto), un terzo
dell'acqua del torrente Sangone. In tale occasione, grazie alla sentenza,
fronteggiano con successo l'opposizione dei Signori di Trana.
Nel 1494
è documentata una lite tra la comunità di Piossasco
e quella di Sangano a proposito della medesima bealera: gli uomini
di Sangano vi attingono acqua per irrigare i loro prati, ma i Piossaschesi
contestano accanitamente tale pretesa, rivendicando il diritto loro
riconosciuto dalla sentenza del 1349. Gli arbitri designati confermano
l'esclusivo privilegio della comunità di Piossasco di servirsi
liberamente di tutta l'acqua di detta bealera, diffidando gli uomini
di Sangano: "Non osino prendere tale acqua, non presumano di
averne diritto, né pongano alcun impedimento al suo scorrere."
Non vengono però ignorate le giuste esigenze della comunità
di Sangano, a cui è concesso di costruire dei canali a monte
della bealera di Piossasco, purché non ne derivi alcun danno
a detta bealera; è persino richiesto alla comunità di
Piossasco di versare una somma per contribuire alla costruzione di
tali canali. Per tutto il Cinquecento si verificano continui prelievi
dell'acqua del Sangonetto, effettuati clandestinamente dai particolari
di Trana, Sangano e Rivalta; continui sono perciò i ricorsi
di Piossasco al Senato e numerose sono le lettere di Salvaguardia
promulgate dal Consiglio ducale in difesa dei diritti di Piossasco.
Un passo importante per aumentare il proprio potenziale idrico la
comunità di Piossasco lo compie nel 1642, vendendo ai conti
Carlo ed Alessandro Orsini di Trana la cascina detta del "Forno",
con 100 giornate di terreno, in cambio del terzo dell'acqua procedente
dal fiume Sangone, proprio dei suddetti signori e ad essi spettanti,
eccetto però li sabati, dall'ora di nona sino all'ora di vespro
della domenica di ciascuna settimana (nel periodo cioè della
samboira). In questo modo Piossasco può vantare diritti addirittura
sui due terzi dell'acqua del fiume Sangone, ma l'opposizione dei particolari
di Trana si fa vivacemente sentire, poiché il contratto del
1642 avrebbe indebitamente alienato un beneficio feudale, in contrasto
con le leggi demaniali e senza l'assenso del sovrano. Intanto i conti
Orsini, pressati da problemi economici, nel 1652 rivendono la cascina
del Forno al conte Filiberto di Piossasco .
Di questi stessi anni abbiamo varie testimonianze attestanti l'abitudine,
da tempo immemorabile, dei particolari di Piossasco di prendere l'acqua
della bealera e deviarla nel ramo detto Rittana, dal quale pure veniva
attinta per irrigare "i prati, le canape, gli ayrali e gli orti".
Fin dal seicento quindi è attestata questa denominazione, accanto
a quelle di bealera da monte (= Superiore) e bealera Sottana (= Inferiore).
Altri documenti dei primi anni del Settecento ci descrivono il tracciato
del nostro corso d'acqua: procedendo da Sangano, passato il mulino
superiore, di proprietà dei conti, nell'entrare nella strada
della Borgiata (cioè l'attuale centro del paese), si divide
in due parti, di cui una, la più piccola, chiamata ormai Sangonetto,
scorre fino alle vigne, e qui si distacca un ramo che arriva fino
alle cascine degli Ayrali e della Fernesa.
L'altro ramo, invece, detto bealera Superiore, arriva ai due battitori
e si protende poi verso i prati della Carpenetta Inferiore, Superiore
e Brayda.
Anche per tutto questo secolo si susseguono le controversie tra la
comunità di Piossasco da una parte e dall'altra o quelle di
Trana e Sangano, o i particolari di Trana e Sangano, o addirittura
il conte Giuseppe di Piossasco e Beinasco, che tentano abusivi prelievi
d'acqua per i loro interessi personali. La comunità piossaschese
difende con puntiglio e decisione i propri diritti e le Regie Patenti
del 23/5/1788 le riconoscono la facoltà di derivare a beneficio
del suo territorio quella quantità d'acqua del torrente Sangone
che si riconoscerà sovrabbondante al territorio di Trana, oltre
a quella della quale si trovava già legittimamente in possesso
in vigore della Sentenza arbitramentale del 7/1/1349.
Una tale definizione è comunque quanto mai ambigua e Piossasco,
per por fine alle centenarie e dispendiose liti con i comuni vicini,
nel 1799 decide di acquistare il Martinetto da ferro, o Fucina, che
il conte Gromis di Trana possiede nel proprio territorio, in regione
Moranda, insieme a tutta l'acqua ad essa spettante. Una ficca, cioè
una chiusa, convogliava infatti verso la fucina,
situata a valle del ponte e dei mulini di Trana, un altro terzo d'acqua
del torrente; con questo atto d'acquisto, tale acqua può confluire
nella bealera di Piossasco e potenziare ulteriormente le risorse idriche
della comunità. Piossasco non è in possesso di tutta
la somma necessaria per comperare la fucina, ma non intende farsi
sfuggire l'occasione: mobilita quindi i propri contribuenti, chiedendo
di versare un anticipo sulle taglie, cioè su delle imposte,
previste per l'anno successivo e dà in affitto la fucina per
9 anni.
Ma se con tale atto si pensava di por fine alle beghe, si trattò
di speranza illusoria. Già nel I802 la Comunità di Piossasco
si rivolge al prefetto del Dipartimento implorando le più pronte
provvidenze contro il sindaco e i particolari di Trana, che hanno
otturato la ficca del Sangone, di modo che nemmeno un goccio d'acqua
può più passare nella bealera di Piossasco.
Per il comune di Piossasco vari regolamenti disciplinano le acque
comunali irrigatorie; quello del 1911 stabilisce chiaramente la proprietà
comunale delle acque (salvi i diritti spettanti ai proprietari degli
edifici esistenti sul Sangonetto), le prerogative del comune e la
netta distinzione tra le tre diramazioni principali del Sangonetto:
Superiore, Inferiore e Rittana. Nel 1956 vengono istituiti, tra tutti
gli utenti, tre Consorzi irrigui separati, rispettivamente delle Bealere
Superiore, Inferiore e Rittana, con lo scopo di provvedere all'equo
riparto dei benefici e degli oneri provenienti dall'utilizzazione
delle acque stesse, ...di provvedere alla migliore tutela di tutti
i diritti del canale nei confronti dello Stato, degli Enti e in genere
dei terzi.
Tra i dipendenti di tali consorzi rimangono antiche figure:
- i custodi prataroli, cioè gli antichi adacquatori, incaricati
di ispezionare i canali e di vegliare sulle corrette modalità
di irrigazione per i vari terreni, secondo i turni e gli orari stabiliti
di apertura e chiusura dei vari bocchetti;
-i talponieri, a cui è affidata la distruzione delle talpe,
i quali dovranno diligentemente adoperarsi affinché le praterie
siano immuni dai guasti dei suddetti animali.
Le acque della “discordia”
Nei
primi secoli del basso medioevo il Piemonte presenta una intensa attività
di dissodamenti e messa a coltura di ampie aree della pianura, un
tempo interessate da boschi e foreste.
Nel periodo che va dalla fine del XIII alla metà del XIV secolo,
le autorità regie e signorili incoraggiano la costruzione di
una vasta rete di canali e rogge, per favorire l'irrigazione dei nuovi
quartieri tenuti a prato, ma anche per sfruttare al meglio l'energia
idraulica.
Lungo le loro rive vengono edificati vari ingegni, quali mulini, battitori,
piste da noci, da riso, concessi nelle investiture, per trarne lucrosi
profitti.
Si presentano così, con nuovi fermenti, le campagne piemontesi,
tra il 1250 e il 1450, stando agli studi di Claudio Rotelli, che ha
svolto, in un suo saggio, una approfondita analisi sulle strutture
economiche del periodo.
La generale tendenza dei feudatari piemontesi di concedere alle varie
comunità di derivare bealere per le loro necessità,
di investire capitali che aumentino la produttività arboricola,
coincidente con il cadere di alcuni dei principali privilegi feudali,
come il diritto sulle acque, segno di un progressivo indebolimento
delle consorterie signorili, trova in Piossasco una conferma.
La particolarità del caso Piossasco è però rappresentata
dal fatto che la derivazione del Sangonetto comportò la ricerca
dell'acqua necessariamente fuori del territorio comunale, in un bacino
idrico, quello del Sangone, notoriamente capriccioso, legato all'andamento
delle stagioni, da cui dipendevano già tutte le comunità
disposte lungo le sue sponde, a partire da Giaveno fino a Bruino.
Uno sguardo all'orografia e idrografia naturale evidenzia la presenza,
sul confine di Cumiana, di due corsi d'acqua: il Tori e il Chisola.
Alimentati dalle vicine montagne dei Tre Denti, scendono a valle confluendo
uno nell'altro, molto decentrati rispetto alle terre coltivate. Dunque
poco sfruttabili nell'economia agricola, anche per il gioco delle
pendenze, non favorevoli a dirottare le loro acque verso il resto
del territorio.
E' facile immaginare che, nel momento di maggior espansione dei dissodamenti
di queste terre, con il crescere della comunità, più
forte sia sorta la necessità di trovare fonti di approvvigionamento
idrico alternative fuori del territorio comunale.
Un atto notarile ci informa della "pax" raggiunta proprio
in quegli anni (1349) tra la comunità di Trana e di Piossasco
dopo...discordiae et plura scandala, damna et pericula verisimiliter
timebantur sequi posse.... Sarebbe più corretto parlare di
una pace signorile tra i consorti dei due luoghi, perché le
acque del Sangone, da cui Piossasco derivava la quantità necessitante
alle sue attività, erano di proprietà feudale e come
proprietà "privata" veniva trattata, nonostante la
chiara valenza e utilità pubblica.
Questo documento, il più antico di nostra conoscenza, ci conferma
che la derivazione della bealera del Sangonetto risale ancora più
addietro, allineandosi al dato regionale che colloca la costruzione
di questi canali almeno due secoli prima, e ci informa della forte
partecipazione della comunità alle vicende che portano all'accordo.
Il popolo tutto doveva aver partecipato in massa agli avvenimenti
precedenti per difendere i propri diritti sulle acque del Sangone,
se un articolo dell'atto notarile si preoccupa di limitare in futuro
la presenza di piossaschesi in Trana a non più di quindici
per volta, fatta eccezione per la Pasqua dello stesso anno del trattato,
portati a quaranta, probabilmente per svolgere quelle attività
di manutenzione da tempo disattese per il conflitto in atto.
La contrapposizione non doveva essere stata tanto pacifica se un altro
articolo fa espressamente divieto, per il futuro, ai piossaschesi
di recarsi in Trana com banderiis nec armis per attendere alla cura
della ricordata bealera. Divieto che accomuna particolari e nobili.
A loro è consentito portare solo strumenti di lavoro come venabulum,
sappas, pallas.
Nei secoli passati, come ancor oggi, ad ogni estate, le sue acque,
oltre a diminuire, si insabbiavano creando problemi per l'irrigazione
dei prati a valle della derivazione piossaschese, dando corso a manomissioni
e a reciproche accuse.
Il giudice di Rivoli è costretto ciclicamente a sentire, con
il concorso di testimonianze anche di contadini di comunità
vicine, le lagnanze reciproche.
E' soprattutto il 700 a registrare queste rimostranze dei piossaschesi,
che sovente sfociavano anche nella condanna di qualche tranese, come
Giovanni Udritto, condannato in data 6/8/1742 per le modifiche apportate
alle fiche.
Agosto ovviamente è il mese in cui le tensioni aumentano, soprattutto
quando la siccità riduce al lumicino le acque del Sangone,
come nell'estate del 1782.
E' forse da collocare in questo anno la marcia delle donne di Piossasco
verso Trana a cui si opposero le Guardie Regie, con scambio di salaci
battute.
La "guerra" dell'acqua non si svolse solo lungo le rive
del Sangone ma frequentemente anche nelle aule dei tribunali. Basti
ricordare solo alcune date per far comprendere come per secoli la
contesa rimanesse aperta.
Il 30/4/1582 venne firmata una nuova transazione con impegno comune
per la costruzione di un partitore d'acqua che convogliasse la giusta
quantità verso Piossasco. Progettato alcuni secoli dopo dall'Ingegner
Castelli, non venne mai appaltato.
Il 29/4/1642 venne acquistato un altro terzo d'acqua dai consorti
locali, in cambio di una cascina detta del Forno, poi ritornata in
possesso dei consorti di Piossasco.
L'11/7/1739 la comunità di Trana viene tutelata nelle sue necessità,
dall'esproprio subito su vari fronti, a causa anche della scarsa attenzione
dei suoi signori alle esigenze locali.
Non ci fu pace lungo il Sangone neppure dopo l'acquisto della fucina
da ferro e dei prati circostanti, proprio adiacenti alla derivazione
del Sangonetto, da parte di alcuni piossaschesi - 12/12/1799.
Ancor degna di nota è poi nei primi decenni dell'800 l'alleanza
anti-Piossasco di Trana e Sangano. Quest'ultima, sentendosi danneggiata
in un suo antico privilegio, concesso dall'abate del luogo Giacomo
di Romagnano, in data 10/5/1494, di derivare dal Sangone una bealera
detta dei "Sorsini" per le esigenze d'irrigazione, suffraga
le posizioni tranesi.
Anche questa tensione con Sangano è storia vecchia. Proprio
negli anni della concessione della ricordata bealera erano già
corse parole e carte bollate tra le due comunità.
La lavandaia
"I
nostri ricordi vanno agli anni dal 1920 al 1940, prima della seconda
guerra. Al mattino presto andavamo a mettere il nostro asse per lavare:
una specie di prenotazione del posto; sovente però si finiva
per bisticciare con le altre donne.
Andavamo appena faceva giorno per riuscire a prendere il posto più
a monte, dovè l'acqua era più pulita e non sporcata
dalle altre, e alcune di noi stavano sino al tramonto a lavare.
Si lavava sempre durante tutto l'anno senza interruzioni: d'inverno
si doveva rompere il ghiaccio e ci si portava l'acqua calda da casa!
Nel Sangonetto si lavava di tutto: dalle lenzuola alle camicie, dai
pantaloni alla biancheria, persino la lana dei materassi che veniva
messa dentro a dei grandi cesti. Ma si lavavano anche le trippe e
gli animali... Si prendeva l'acqua per le bestie e, al mattino presto
e alla sera tardi, anche l'acqua per bere. Poi negli anni verso la
guerra si beveva l'acqua dei pozzi: ce n'erano parecchi ed erano a
disposizione di tutti".
Il mugnaio
"Il
mulino ha funzionato sino a cinque anni fa quando abbiamo cessato
l'attività. E funzionava ancora ad acqua, naturalmente integrato
dalla corrente elettrica. Il motore, infatti, è stato introdotto
nel 1935; prima la forza motrice era data esclusivamente dall'acqua.
Il lavoro era continuo, giorno e notte: 18-19 ore al giorno. La materia
prima arrivava su carri trainati dai cavalli, i camion non c'erano.
Si iniziò poi con dei camion vecchi della prima guerra nel
'36, e successivamente quelli nuovi costruiti dalla SPA.
Il mulino aveva tre macine: una per il grano, un'altra per il mais,
ed una terza per la segale o l'avena. Venivano attaccate alternativamente.
D'estate, dal 3 maggio al 14 settembre, però, le macine rimanevano
ferme quando c'era la 'samboira'. L'acqua veniva tolta dal mezzogiorno
di sabato a quello di domenica per irrigare i campi; il mulino allora
si fermava e si facevano i lavori di pulizia e manutenzione.
Ma ricordo anche le piene; il livello dell'acqua era più o
meno come l'attuale, ma l'alveo era più basso: si è
alzato con l'andare degli anni per i detriti scaricati nel fiume,
in particolare dal ponte Borgiattino. La piena del '34 portò
l'acqua sino dentro la cucina di casa".
Dall’Opuscolo
Il Nostro Sangone
Storia di Piossasco e il Sangonetto LAPIS - 1992
Tipografia La Rocca
|
Miranda Cruto
Il Sangone
Il Sangone, così familiare ai Piossaschesi,
faceva parte integrante della vita del paese. Non si poteva concepire
l'idea del borgo senza pensare al suo corso d'acqua: essi erano un
duo inscindibile.
Il Sangone per gli abitanti del luogo era il loro torrente ed era
diventato per costoro come un amico e fonte di divertimento e di svago
per i ragazzi che si dilettavano ad andare a pescare colà.
Calzando scarpacce brutte e logore, camminavano nell'alveo, toccando
con le mani sotto le pietre da dove di tanto in tanto saltava fuori
qualche ranocchia terrorizzata che con un balzo fulmineo si rituffava
prontamente in acqua.
Sovente rimaneva loro nel palmo delle estremità superiori qualche
pesciolino che non troppo furbamente si era lasciato prendere.
I Piossaschesi consideravano il Sangone come un qualcosa di vivo e
quando i monelli si divertivano a girovagare nel suo letto, egli li
accoglieva invitante. Essi erano felici di aver trovato un nuovo compagno
di giochi, un confidente alquanto inusuale, ma al quale si erano profondamente
affezionati e ascoltavano la sua voce sempre uguale, cadenzata, garrula,
argentina. La loro era un'amicizia di sempre.
I fanciulli conoscevano ogni tratto del suo percorso, ogni sua pietra,
ogni particolare delle sue sponde su cui crescevano alcuni salici
piangenti presso i quali, durante le sere estive, le raganelle tenevano
il loro concerto.
I ragazzetti correvano verso il Sangone andandogli incontro fiduciosi,
scendendo per i sentierucoli in discesa ed esso era là che
li attendeva e sembrava invitarli ad entrare nel suo alveo per divertirsi
con loro.
II caro amico torrente! Ora gaio, ora brontolone, ora asciutto durante
la stagione estiva e talvolta purtroppo anche minaccioso come succedeva
di tanto in tanto quando si ingrossava dopo lunghi periodi piovosi;
le acque sempre così limpide diventavano allora limacciose,
assumendo un colore marrone molto intenso per il fango che trasportavano.
Il rumore si faceva fortissimo, aggressivo, intimidatorio e sembrava
impossibile che un simile torrentello potesse contenere tanta acquai
i ragazzi si intimorivano quando, dopo giorni di pioggia sentivano
il forte rumoreggiare del Sangone: sapevano che era adirato e avevano
paura di lui, perché erano a conoscenza che esso, che ispirava
di solito tanta sicurezza e confidenza e che era sempre così
tranquillo, in quei momenti travolgeva e portava via ogni cosa lungo
il suo percorso.
Anch'esso come tutti aveva i suoi momenti neri.
Una volta il Sangone tanto familiare ai Piossaschesi aveva fatto la
sua vittima: una donna del paese, volendo suicidarsi, si era buttata
nel torrente in piena e le acque travolgenti l'avevano portata via
in un attimo ed era stata trovata morta annegata alcuni giorni dopo
a una grande distanza dal luogo dove aveva compiuto il tragico gesto.
La notizia aveva sconvolto gli abitanti del posto e soprattutto i
bambini: essi guardavano il loro amico di sempre, il loro compagno
di giochi col quale si trovavano tanto bene e che dava loro una sensazione
di profonda sicurezza e sembrava loro impossibile che fosse diventato
un assassino.
Eppure era proprio così. Essi conoscevano solo il suo aspetto
buono e non avevano mai pensato che potesse trasformarsi in uno strumento
di morte.
Verso la fine del secolo XIX, durante una piena, il Sangone aveva
rotto gli argini al pilone "San
Giorgio", l'acqua si era riversata sulla
strada inondando la campagna e allagando i cascinali dei dintorni.
I maiali che si trovavano in un porcile non distante dal torrente
piossaschese erano annegati e i tronchi di una catasta di legna, adiacente
al corso d'acqua, erano stati trovati alcuni giorni dopo presso la
cascina
Femesa.
Tre mulini, una segheria e una
fucina erano situati sulle rive del Sangone, nelle
cui acque i macellai del paese lavavano le trippe, i panettieri bagnavano
lo spazzatoio che serviva loro per pulire il forno, i contadini portavano
ad abbeverare le mucche e le massaie risciacquavano i panni inginocchiate
sulle panche da lavare. Le Piossaschesi dopo aver insaponato la biancheria
a casa loro in un mastello, la deponevano in secchi, indi, si recavano
al torrente trasportando il tutto su una carretta a mano.
D'inverno il Sangone era gelato e le lavandaie erano costrette a rompere
la lastra di ghiaccio che si era formata sul grosso rivo per poter
posizionare la panca.
Alcune si portavano colà un pentolino d'acqua calda, dove ogni
tanto introducevano le mani che erano diventate rosse e irrigidite
a causa del lavare per ore con quel freddo intenso. Terminavano di
sciacquare con le ginocchia gonfie e indolenzite per essere state
appoggiate troppo tempo sul duro legno.
Che fatica alzarsi da quella scomoda posizione e che mal di schiena!
Talvolta il sapone che aveva il suo posto sulla panca, divenuto sdrucciolevole
perché bagnato, scivolava di mano cadendo in acqua e allora
le massaie tastavano con le dita sul letto del torrente per cercare
di ripescare il pezzo detergente in tutta fretta, affinché
non si sciogliesse troppo; e se talvolta succedeva che allorché
lo si tirava fuori, scappasse nuovamente e ricadesse un'altra volta
nell'alveo, si doveva ripetere l'operazione da principio.
Sovente le lavandaie bisticciavano fra loro, perché una sporcava
l'acqua all'altra, ma i litigi terminavano ben presto e si vedevano
le donne aiutarsi vicendevolmente a strizzare le lenzuola.
Chi non voleva portare la panca, andava al lavatoio pubblico in una
zona chiamata "Riva
di Po"; qui c'era una lunga lastra di pietra
dove le Piossaschesi potevano sciacquare i panni. Non ci si doveva
inginocchiare, ma si operava in piedi ed era quindi meno faticoso
e non c'era pericolo di farsi venire "le ginocchia da lavandaia"
tutte gonfie e piene di liquido come era capitato ad alcune donne
dell'abitato.
Questo luogo era perennemente affollato e nel mese di maggio pareva
che colà nevicasse, perché cadeva copiosa la bambagia
proveniente dai pioppi che crescevano nelle vicinanze.
La cotonina scendeva lentamente dall'alto e volteggiando leggera scompariva
nell'acqua.
Nelle cascine di tanto in tanto si faceva il bucato con la cenere
e le donne si affaccendavano intorno a una grande tinozza che si ergeva
in mezzo a loro come un gigante. La biancheria veniva poi stesa ad
asciugare al sole nei prati in lunghe file candide che svolazzavano
allegramente mosse dal vento.
Miranda Cruto
Piossasco com'era
Edizioni e Cultura e Società - marzo 1992
Il vecchio mulino abbandonato
Piossasco - Il pilone di Piazza San Giorgio
Particolare del Pilone San Giorgio
Via Riva di Po a destra vi era il lavatoio pubblico
|
Verbale di
sopraluogo
In
Piossasco, alli 22 settembre 1919, presenti i signori: Garola Giacomo
fu Vito – Presidente al Consorzio di irrigazione della bealera
Rittana; Martinatto Francesco fu Gabriele e Cavaglià Antonio
fu Giuseppe Membri del Consiglio di detto Consorzio e Macciotta cav.
Oreste rappresentante il conte Zaverio Capris di Cigliè , il
maggior proprietario fra i consorsisti: il sottoscritto ing. Cesare
Tommasina, prof. di Economia Rurale ed Estimo al R. Politecnico di
Torino, ha costatato quanto segue:
1° - Visitando nelle diverse regioni le praterie comprese nel
consorzio d’irrigazione della bealera Rittana, ha rilevato essere
la cotenna erbosa generalmente riarsa ed improduttiva, qua e là
recenti germogli dovuti evidentemente alle ultime piogge.
2° - All’atto del sopraluogo ha notato che nella bealera
Rittana scorreva acqua in tenue quantità, acqua che doveva
defluire solo da poco tempo, poiché il lato della bealera era
invaso da erbacce alte di carattere non palustre: i presenti hanno
affermato che l’acqua era stata immessa nella bealera solo da
due giorni. A conferma della recente immissione dell’acqua,
ha rilevato inoltre che la medesima non era ancora giunta a riempire
nei singoli cascinali i serbatoi per l’abbeveraggio del bestiame.
3° - Osservando le fienaglie accatastate nei cascinali, ha notato
la scarsità del raccolto maggengo (scarsità dovuta per
testimonianza dei presenti ai danni arrecati dai geli tardivi in primavera)
e la pessima qualità nonché la quantità trascurabile
dell’agostano rappresentato da pochi steli presso che lignificati
e senza dubbio non appetibili dal bestiame. Anzi in molte zone i pochi
steli dell’agostano non sono stati neppure falciati, perché
certo non meritava la pena.
4° - visitando la località della presa d’acqua, dove
il Rio Tetto Grosso si immette nella bealera Sangone e, trascinando
sulla relativa sponda a valle, fornisce l’acqua alla bealera
Rittana. Ha rilevato che detta sponda a valle è costituita
in parte da una diga a sassaia, in parte da tavolati in legno ed in
parte da uno sbarramento in muratura cementizia. All’atto del
sopraluogo l’acqua in tenue quantità trascimava su una
porzione della diga a sassaia, e ciò, a detta dei presenti,
solo da un paio di giorni. A monte della sassaia ha notati due vecchi
pali, contro i quali dovevano essere appoggiati dei tavolati trasversalmente
alla bealera Sangone a ritegno delle acque per agevolare la trascimazione
delle medesime in alimentazione della bealera Rittana: tali tavolati,
che figuravano nel tipo 23 gennaio 1917 a firma ing. Salomone, sono
stati asportati a detta dei presenti un paio d’anni or sono.
Seguendo a monte la bealera Sangone, ha rilevato il bocchetto di presa
con diritto a 24 ore dell’acqua, che completa quello del rio
Tetto Grosso in alimentazione della bealera Rittana: tale bocchetto
è in condizioni normali. Seguendo invece la bealera Sangone
a valle dello afflusso del rio Tetto Grosso, ha rilevato che il fondo
della bealera Sangone è stato scavato di recente, come dimostrano
la linea della vegetazione superiore di un trenta cm. Al pelo d’acqua
ed i cumuli di terra ricavato dagli scavi ancora giacente sulla sponda
a valle: tale scavo ha agevolato, aumentando la pendenza, il richiamo
dell’acqua nella bealera Sangone che vi scorre ora con forte
velocità, proprio laddove doveva esservi ristagno per permettere
la tracimazione delle acque del rio Tetto Grosso.
5° - Infine visitando le praterie assogettate all’irrigazione
delle bealere Superiore ed Inferiore, il sottoscritto ha rilevato
che la cotenna erbosa ivi è rigogliosa e verdeggiante in ottime
condizioni di ripullulamento, mal grado i recenti tagli. Confrontando
lo stato di questi prati in suolo delle praterie soggette al consorzio
della bealera Rittana, se ne deduce che per queste ultime il beneficio
dell’irrigazione sia mancato quasi completamente (i testimoni
affermano che le bagnature quest’anno sono state solo due ed
inconplete, mentre normalmente erano da sei a sette), e che il danno
relativo debba equipararsi almeno al mancato prodotto dell’agostano,
pur avendo riguardo all’eccezionale siccità dell’annata,
e quindi prescindendo dal terzuolo che in annate normali si ricava
sempre in quantità adeguata.
Tanto ai sensi della verità, convalidata da
controllo tecnico.
Piossaco, 22 settembre 1919
All’originale f.to: Tommasina ing. Cesare
Prof. Al R° Politecnico di Torino - DCP
|
Documento di Cesare Paschetta=DCP
Grave atto
di vandalismo nelle campagne di Piossasco
Fanno saltare una diga col trattore
per assicurarsi l’acqua d’irrigazione
Denunciati i 17 contadini autori della distruzione sul canale “Garola”.
La rivalità tra le due zone, che dura da oltre un secolo, acuita
dalla tremenda siccità
L’8
agosto scorso si presentava ai carabinieri di Orbassano il signor
Giuseppe Paschetta da Piossasco; egli è presidente della diramazione
canali per irrigazione e in questa veste denunciava gli ignoti che
durante la notte avevano divelto una diga lunga sette metri sul torrente
Rittana. L’atto vandalico era stato compiuto per impedire che
l’acqua raggiungesse la località “Garola”
nella campagne di Piossasco, e proseguisse invece lungo il canale
inferiore per alimentare altre zone più a valle, sempre nello
stesso comune.
Sul luogo si recarono i carabinieri di Orbassano e constatavano che
con l’aiuto di un trattore erano stati smossi enormi macigni
e travi che componevano la diga tanto che questa risultava completamente
distrutta. Dopo laboriose indagini, il maresciallo Pietro Maffeo dei
carabinieri di Orbassano indentificava e rintracciava i colpevoli
che sono 17 contadini tutti rei confessi. Questi giustificarono il
vandalismo compiuto dicendo che nella loro zona l’acqua veniva
immessa troppo di rado:
Intanto il sindaco di Piossasco autorizzava i contadini della frazione
Garola ad abbeverare i 5000 capi di bestiame con acqua potabile.
Dopo lunghi interrogatori hanno denunciato a piede libero alla Procura
della Repubblica i colpevoli che sono: Giovanni Valinotti di 57 anni;
Guglielmo Peretti di 54 anni; Angelo Grimaldi di 57 anni; Firmino
Bonetto di 37 anni; Luigi Succio di 56 anni; Oreste Castagno 20 anni;
Giacomo Andreis 52 anni; Tommaso Ramassotto 63 anni; Michele Siccardi
38 anni; Giovanni Caro 32 anni; Federico Chiaberto 23 anni; Agostino
Valè 49 anni; Virginio Spesso 52 anni; Domenico Gennero 53
anni; Luigi Girardi 20 anni; Chiaffredo Rolando 65 anni; Giuseppe
Elia 18 anni.
Sembra che le liti tra i contadini delle due zone durino da almeno
cent’anni: durante questo secolo non è la prima volta
che viene fatta saltare la diga in quella località. Le divergenze,
quindi, riguardano sempre questioni d’irrigazione e forniture
d’acqua. Questa volta però i colpevoli sono stati identificati
e denunciati alla Magistratura alla quale spetta giudicare la gravità
dell’episodio. I contadini incriminati si giustificano con la
necessità di lenire almeno in parte ai gravissimi danni della
siccità.
g.s.
Gazzetta del Popolo 29 agosto 1962 mercoledì
|
Piossasco: l'assalto
del 1962
Demolirono la dida per avere più acqua
Piossasco
- Sono stati 17 i contadini che nella notte con un trattore hanno divelto
la diga sulla bealera Rittana che forniva (e fornisce) l'acqua alle
cascine della frazione Garola. Il vandalismo causò denunce e
controdenunce e risollevò antichi rancori sull'uso dell'acqua
per irrigare e per il bestiame (circa 500 capi). L'estate
del 1962 era stata particolarmente
colpita dalla siccità. Il torrente Sangone era quasi in secca
e l'acqua, alla presa della Loja del Gallo a Trana per incanalare le
tre bealere (Superiore, Inferiore-Sangonetto, Rittana), scorreva con
il contagocce.
Prati e campi erano da irrigare, il bestiame da abbeverare e nei tre
mulini di Piossasco (Alberga Tubia" di via Piave, Ruffinatto di
via Segheria e quello comunale di Riva Po) la ruota non girava. Esasperati
dalla siccità 17 contadini utenti della Superiore e Inferiore
decidono nottetempo con un trattore di demolire la diga della Rittana
per avere più acqua per i loro due consorzi. Era martedì
7 agosto. Gli autori dell'atto vandalico che toglieva l'acqua ad un
vasto territorio di Piossasco erano giovani e anziani: dai 18 anni di
Giuseppe Elia (figlio dell'ex sindaco Michele 1946-1956) ai due ventenni
Oreste Castagno e Luigi Girardi fino a Tommaso Ramassotto di 63.
Il giorno dopo il presidente del Consorzio Rittana Giuseppe Paschetta
denuncia il fatto ai carabinieri di OrbasSàno e il comandante
Pietro Maffeo indentificava e rintracciava in pochi giorni nelle cascine
i responsabili ("rei confessi") denunciandoli a piede libero
all'autorità giudiziaria per aver distrutto la diga in località
Loia del Caplè, spostando massi e travature per togliere l'acqua
alla Rittana. Alla denuncia di Paschetta contro i 17 "per danneggiamento
di opere idrauliche" si aggiunge quella della Superiore contro
la Rittana. Infine: cinque consorziati dell'Inferiore denunciarono Paschetta.
Insomma tutti contro tutti.
Il sindaco di allora Luigi Boursier (già podestà) convocò
il 21 ottobre in municipio i rappresentanti delle bealere per smorzare
l'accesa rivalità tra i consorziati "esprimendo il suo
rammaricò per gli sviluppi che vanno prendendo i rapporti tra
gli Amministratori dei tre canali, invitando gli intervenuti anzitutto
ad agire con maggior reciproco spirito di comprensione". Il
sindaco chiederà al Ministero e al Genio civile la massima quantità
d'acqua possibile. Fu concessa? Probabilmente no. Davanti al sindaco
e al segretario comunale Castagna gli intervenuti si dichiarano disposti
"a rimettere le cause davanti all'autorità giudiziaria".
Pace quasi fatta. Chi pagò le spese per la ricostruzione della
diga alla Loia del Caplè? Ritirate le denunce, chi aveva sfondato
la diga la riparò senza clamore. Così come è oggi.
L’Eco del Chisone 29 agosto 2018
Ezio Marchisio
|
La diga del Sangonetto
alla Loya del Gallo Trana - rifatto febbraio 2019
AZZURRO= Torrente Sangone - BLU= Presa Bealera di Piossasco
ROSSO= diga - BIANCO= Rampa di risalita per pesci
BIANCO= Rampa di risalita per pesci
Rampa di risalita per pesci - marzo 2019
Rampe di risalita
per pesci
Le interruzioni
artificiali della geometria del fondo dei corsi d'acqua operate dall'uomo
(soglie, briglie, opere di presa) determinano molto spesso l'insorgenza di
ostacoli insuperabili per la fauna ittica e ciò risulta particolarmente
grave se in riferimento alla presenza di specie che possono subire notevoli
impedimenti nel ciclo riproduttivo.
La rampa di
risalita in progetto è destinata al superamento degli ostacoli esistenti
per la migrazione in un tratto del T. Sangone ed è dimensionata per
la capacità migratoria e di mobilità principalmente dei salmonidi,
in particolare la trota fario. Le altre specie ittiche presenti come i ciprinidi
ad esempio, data la mobilità notevomente minore rispetto ai salmonidi,
potranno essere avvantaggiati occasionalmente dalla presenza dei manufatti
di risalita.
In generale le rampe di risalita, come raccomandato da autori statunitensi
(McLEOD e NEMENIJ, 1940, Ad investigation of fishwais - Bull. Iowa St. Univ.,
Ames) devono ridurre la velocità dell'acqua al di sotto della capacità
natatoria dei pesci, ovviare ai cambiamenti rapidi del deflusso, assicurare
la trasparenza dell'acqua e la visibilità del percorso, possedere luoghi
di riposo, far defluire l'acqua in una quantità sufficiente ad attrarre
i pesci.
In bibliografia esistono diverse tecniche per la costruzione di rampe e scale
di risalita dei pesci. Fra le più sperimentate soprattutto all'estero
vi sono:
le scale di risalita a bacini più traverse, formate da una serie di
muretti e bacini con deflussi controllati e formate in modo da far rimontare
ai pesci la scala attraverso salti limitati e successivi di solito al di sotto
dei 45 cm di altezza (un esempio sono le scale di studio francese ideate da
LARINIER e MIRALLES);
le scale di risalita del "tipo Denil", per opere ad elevata pendenza,
ideate dall'omonimo ingegnere belga che utilizzano quinte o deflettori in
grado di assorbire buona parte dell'energia della corrente
le rampe in pietrame, costituite da massi eventualmente vincolati che assolvono
alla funzione di dissipazione dell'energia attraverso l'aumento della scabrezza
del fondo nel tratto interessato dalla risalita.
Nel presente progetto si è optato per la realizzazione di un’opera
di risalita di quest'ultimo tipo (fig. 3.1), in funzione delle della maggiore
naturalità della tecnica. Si è però preferito ricorrere
a rampe con presenza di vasche e soglie, del tipo di quelle indicate all'interno
del Manuale tecnico di ingegneria naturalistica della Regione Emilia Romagna
alla tipologia n° 26 b1-5, che coniugano le funzioni di dissipazione tipiche
delle rampe in pietrame con le caratteristiche delle scale di risalita a bacini
e traverse, che permettono facilmente anche la sosta ai pesci in fase di salita.
La pendenza media di progetto della rampa
di risalita è di poco inferiore al 15%, con vasche di lunghezza da
pari a circa 2-2.5m e salti non superiori ai 30-35 cm.
Il pietrame
utilizzato deve essere preferibilmente di dimensioni e forme varie, per favorire
la formazione di ambienti vicini alle condizioni naturali. La dimensione media
del pietrame destinato a permanere in loco e a formare l'ossatura principale
dell'opera è dimensionata in funzione della corrente e della portata
prevedibile. In ogni caso si prevede di fondare l’ossatura principale
su una base di calcestruzzo cementizio.
La rampa si svilupperà
in adiacenza all’argine in massi che definisce il ramo di presa in sponda
destra, avrà una forma leggermente incurvata che si allarga alla base
verso valle.
Allo sbocco della rampa verso
l’alveo principale verrà creata una sorta di depressione, atta
a creare un bacino di calma che stimoli la fauna ittica al ritrovamento del
filone di risalita.
RECUPERO FUNZIONALE DELL'OPERA DI PRESA DEL CANALE COMUNALE DI PIOSSASCO
PREMESSA Il sottoscritto ing. Renato Barra, iscritto all’ordine
degli Ingegneri di Torino e Provincia al numero 3737, è stato incaricato
dal Comune di Piossasco della redazione della progettazione per la realizzazione
delle opere volte al recupero funzionale della traversa di derivazione del
canale di Piossasco sul torrente Sangone. Durante l’evento di piena
del 24 e 25 novembre 2016 la traversa in massi ciclopici, la scala di risalita
e l’argine di delimitazione del canale di presa, sono stati quasi completamente
disarticolati; in particolare la rottura nella parte centrale della traversa
ha reso pensile il ramo di canale che è stato quindi interessato da
una importante deposizione di sabbia e ciottoli. Il presente progetto viene
redatto in coerenza al progetto esecutivo, inoltrato al servizio risorse idriche
per la sua approvazione e per il rinnovo della concessione di derivazione
assentita con D.D. n. 102-6276 del 19/02/2013, approvato con D.D. n. 61729026
del 19/08/2014, redatto nel 2013 dal Servizio Infrastrutture e Assistenza
Tecnica EE. LL. della Provincia di Torino, ai sensi del D.P.R. 5 ottobre 2010,
n. 207 s.m.i. “Regolamento di esecuzione ed attuazione del decreto legislativo
12 aprile 2006, n. 163”. Da informazioni assunte da diverse fonti esterne
è emerso che nei mesi di settembre ed ottobre 2016 sono stati realizzati
lavori in alveo per conto di Terna; l’impresa ha temporaneamente modificato
la situazione di deflusso mediante approfondimenti, realizzazione di savanelle
e argini provvisori e successivamente ha provveduto, senza concordare le modalità
e senza seguire le previsioni progettuali concesse, al ripristino dello stato
dei luoghi. Pertanto alla luce di quanto sopra descritto lo stato dei luoghi
risultava completamente difforme rispetto alla situazione che si era determinata
alla fine dei lavori, e quindi non conforme a quanto autorizzato dal servizio
risorse idriche con D.D. n. 617-29026 del 19/08/2014.
Nel giugno 2017 sono state eseguite le opere provvisionali (sulla scorta del
progetto redatto dallo Scrivente), ossia le opere da realizzarsi provvisoriamente
allo scopo di consentire l’irrigazione dei terreni del Consorzio Irriguo
di Piossasco durante la stagione estiva conformemente a quanto autorizzato
dal servizio risorse idriche con D.D. n. 61729026 del 19/08/2014.
RECUPERO FUNZIONALE DELL’OPERA DI PRESA DEL CANALE COMUNALE
DI PIOSSASCO PROGETTO ESECUTIVO: RELAZIONE TECNICA-ILLUSTRATIVA
La presente progettazione esecutiva ha l’obiettivo
di ripristinare e riattivare in maniera definitiva la presa secondo le modalità
ed i parametri richiesti dal Servizio Risorse Idriche della Provincia.
Si descrivono nel seguito le opere oggetto della sistemazione definitiva dell’opera
di presa.
DESCRIZIONE DEGLI INTERVENTI IN PROGETTO
Il Canale comunale irriguo di Piossasco ha origine dalla
presa sul Sangone posta nel Comune di Trana. La presa storicamente è
costituita da una traversa in massi di forma arcuata che convoglia le acque
verso la sponda destra dove è presente un canale di presa che garantisce,
attraverso una paratoia, la regolazione del prelievo e consente una restituzione
in alveo dell’eccesso mediante un ramo di reimmissione. Durante l’evento
alluvionale del 5-6 novembre 2011 la traversa in massi è stata disarticolata
nella parte centrale aprendo un varco che ha consentito una via più
rapida di deflusso delle acque con conseguente modifica dell’idrodinamica
locale del Sangone. In particolare, dopo l’erosione di circa 40 m di
sponda destra che ha obliterato per pari lunghezza il primo tratto del canale
di presa, l’energia principale del corso d’acqua si è concentrata
nella parte centrale permettendo il deposito di sabbia nella parte destra
del Sangone a monte della presa e l’insabbiamento del canale di presa
rendendolo pensile e quindi inattivo. A seguito dei rilievi topografici eseguiti,
dei sopralluoghi effettuati e degli incontri con i tecnici del Servizio Risorse
Idriche della Provincia di Torino sono stati individuati ed eseguiti i seguenti
interventi per il rinnovamento dell’opera di derivazione:
riparazione della traversa a geometria arcuata adeguata alla posizione dell’imbocco
del canale di presa;
realizzazione di un manufatto di regolazione costituito da una soglia larga
di sfioro, che garantisca il DMV, e da una gaveta che permetta il prelievo
consentito verso il canale di derivazione;
RECUPERO FUNZIONALE DELL’OPERA DI PRESA DEL CANALE COMUNALE
DI PIOSSASCO PROGETTO ESECUTIVO: RELAZIONE TECNICA-ILLUSTRATIVA
la pulizia generale del canale di presa e la sistemazione
della paratoia esistente affinché garantisca la possibilità
di regolare il prelievo massimo ai livelli imposti dal disciplinare per i
vari periodi irrigui;
la realizzazione di una scala di risalita per i pesci, nel rispetto della
DGP di indirizzo sul tema prevedendo l’utilizzo di massi che favoriscano
la realizzazione di vasche naturaliformi.
Successivamente durante l’evento di piena del 24 e 25 novembre 2016
la traversa in massi ciclopici, la scala di risalita e l’argine di delimitazione
del canale di presa, sono stati quasi completamente disarticolati; in particolare
la rottura nella parte centrale della traversa ha reso pensile il ramo di
canale che è stato quindi interessato da una importante deposizione
di sabbia e ciottoli. Visto l’imminente inizio della stagione irrigua,
è quindi del tutto evidente che le opere provvisionali del giugno 2017,
assumevano carattere di somma urgenza. Le opere provvisionali si possono così
riassumere:
recupero funzionale della soglia per il rilascio del DMV;
realizzazione di una tura in corrispondenza della traversa di derivazione
e di una savanella per convogliare le acque all’imbocco del canale di
presa;
recupero della soglia per permettere il prelievo consentito verso il canale
di derivazione;
movimentazione dei depositi di sabbia, riattivando in tal modo il canale di
derivazione;
realizzazione di una tura con recupero dei massi d’alveo in sinistra
del canale di derivazione in sostituzione dell’argine in massi esistente
divelto.
Con la presente progettazione esecutiva si procederà a ripristinare
e riattivare in maniera definitiva la presa sulla base delle condizioni geometriche
e delle condizioni geometriche e funzionali del corpo idrico.
Per ulteriori dettagli in merito si rimanda agli elaborati grafici di progetto.
ITER AUTORIZZATIVO Per l’approvazione del presente
progetto esecutivo e per l’ottenimento di intese, pareri, concessioni,
autorizzazioni, licenze e nulla osta e assensi, comunque denominati, richiesti
dalla normativa vigente dovranno essere preventivamente consultati:
- Comune di Piossasco; - Comune di Trana; - Regione Piemonte – Settore
OO.PP e Difesa Assetto idrogeologico; - Consorzio irriguo gestore del canale
di Piossasco; - Smat S.p.A. (relativamente all’occupazione temporanea
durante le lavorazioni di aree in sinistra orografica al torrente Sangone
di proprietà Smat S.p.A., per garantire l’accesso in alveo).
Si precisa che gli interventi oggetto del presente progetto si configurano
come manutenzione e rispristino funzionale della traversa esistente di derivazione
del canale di Piossasco sul torrente Sangone, in pieno accordo con quanto
precedentemente autorizzato dal servizio risorse idriche con D.D. n. 617-29026
del 19/08/2014.
agosto 2018
Durante i lavori di ripristino
Premessa
Il progetto di ripristino dell’opera di presa del canale
di Piossasco a seguito evento alluvionale novembre 2016 è stato elaborato
sulla base delle prescrizioni e delle condizioni geometriche e funzionali
del corpo idrico, conformemente a quanto già autorizzato dal Servizio
Risorse Idriche con D.D. n. 617-29026 del 19/08/2014. In particolare a seguito
dei rilievi topografici eseguiti, dei sopralluoghi eseguiti sono stati individuati
i seguenti interventi:
- rispristino traversa di derivazione in massi ciclopici (di geometria arcuata
adeguata alla posizione dell’imbocco del canale di presa), comprensiva
di opera di presa (gaveta a stramazzo che permetta il prelievo consentito
verso il canale di derivazione) e di soglia di sfioro che garantisca il DMV;
- recupero della rampa di risalita dei pesci posta immediatamente a valle
della traversa in massi;
- ripristino dell’argine esistente utilizzando massi ciclopici;
- pulizia e dragaggio del canale di presa.
Dimensionamento idraulico delle opere
Caratteristiche della sezione
Il Torrente Sangone alla sezione corrispondente all’opera
di presa del canale di Piossasco (Sangonetto) presenta un bacino sotteso di
superficie pari a circa 150 kmq, con una quota variabile da 2679 m a circa
354 m s.l.m. Nella sezione in esame la larghezza dell’alveo è
pari a circa 40 m e il fondo scorrevole appare in netta erosione, in riferimento
all’acclività delle sponde e alla differenza di quota del fondo
del canale Piossasco rispetto al piano di scorrimento del T. Sangone. La portata
media annua è pari a circa 3300 l/sec, mentre la portata di magra per
tempo di ritorno pari a 10 anni è di poco superiore ai 500 l/sec (Risorse
Idriche Superficiali dei principali Bacini della Provincia di Torino). L’opera
di presa del canale di Piossasco è costituita da uno sbarramento in
massi ciclopici tipo soglia che convoglia l’acqua in un canale derivatore,
parzialmente formato in alveo, munito dopo circa 170 m di una paratia regolabile
e di uno sfioratore laterale con canale che si ricongiunge all’alveo
del T. Sangone. Attualmente la funzionalità dell’opera di presa
è stata compromessa in seguito agli eventi del novembre 2016.
Conclusioni
L’intervento di ripristino e recupero funzionale dell’opera
di presa del Canale irriguo di Piossasco si configura come opera generale
di miglioramento della funzionalità fluviale e come regolamentazione
del prelievo.
Il presente progetto è stato elaborato sulla base delle prescrizioni
e delle condizioni geometriche e funzionali del corpo idrico, conformemente
a quanto già autorizzato dal Servizio Risorse Idriche con D.D. n. 617-29026
del 19/08/2014.
Si consiglia infine vista la variabilità delle quote del fondo scorrevole,
legate all’accumulo di sabbia e limo nel canale di presa, di prevedere
un programma di manutenzione e pulizia che mantenga pressoché costanti
i dislivelli utili al funzionamento della presa ed al rispetto delle portate
di prelievo.
23 aprile 1924
Sangano e la mancanza d’acqua
Il presidente del
Circolo San Giorgio, in Sangano, dott. cap. Giuseppe Giusiana, ci scrive:
“Il paese di Sangano e dintorni,
che nel passato godeva abbondanza di acqua, forse troppa, perché alcune
zone erano paludose, si trovano in questo momento, specialmente nei periodi
estivi, in assoluta mancanza. Tale mancanza è dovuta alla Società
Acque Potabili, che per utilità pubblica riguardante la
Città di Torino, ha espropriato volenti o nolenti, i proprietari, una
enorme zona di terreno assorbendone l’acqua, che incanalata venne diretta
a Torino. I contadini e per essi i vecchi dirigenti del paese, non comprendendo
le giuste ragioni, che una grande città non può sacrificare
un elemento indispensabile per la collettività a vantaggio di pochi
ostacolarono. In ogni modo l’attività della Società Acque
Potabili, io non voglio entrare in merito a già superato questioni,
anzi, do torto ai vecchi dirigenti del paese. Ma ritengo che l’errore
di essi non debba ricadere eternamente su una popolazione onesta e laboriosa
che oggi non domanda già l’acqua per l’irrigazione dei
campi e dei prati ma semplicemente il quantitativo indispensabile del prezioso
elemento per quelle stesse ragioni di igiene mediante le quali in Società
Acque Potabili s’è basata per l’espropriazione del terreno.
E’ vero che legalmente il paese non ha più nessun diritto, avendo
il Comune venduto ogni diritto medesimo, ma moralmente la Società Acque
Potabili, la città di Torino, il Consiglio Provinciale, hanno il dovere
di riesaminare la questione.”
La Stampa 23 aprile 1924
Un annegato a Piossasco
|
Un rinvenimento
nelle prime ore del pomeriggio a Piossasco, presso il ponte Borgiattino,
nel ramo del Sangonetto che attraversa l’abitato presso l’ingresso
sud del parco pubblico della Provincia. Verso le 14 due bambini hanno
scorto il corpo di un uomo impigliato nei cespugli al centro del torrente
e hanno dato l’allarme. Il cadavere è stato tratto a
riva e subito identificato poiché nelle tasche è stata
trovata la carta di identità. È un agricoltore di 66
anni, Giuseppe Cordero vedovo, abitante con i tre figli in frazione
Gai, sulla collina sopra il paese.
L’altro ieri l’uomo era sceso all’Ufficio Postale
a prendere la pensione e in serata era stato visto in un’osteria
di Piossasco. La sua bicicletta è stata trovata un centinaio
di metri a monte del luogo dove è stato rinvenuto il cadavere,
proprio sul greto del torrente, che l’altra sera era in piena.
L’ipotesi più probabile è che l’uomo sia
caduto accidentalmente in acqua rimanendo travolto dalla violenza
corrente.
La Stampa 8 giugno 1973
|
Celebrazioni a Piossasco
dello storico canale
Storia avventurosa del rio Sangonetto
A Piossasco, è l'anno del Sangonetto,
lo storico canale, che nato per irrigare i campi, è divenuto nei secoli,
un protagonista della vita del paese. La sua storia, che sarà celebrata
con una serie di manifestazioni, è antica e. controversa, mentre il
suo presente lo include nel patrimonio ambientale da salvare. La nascita del
rio, intorno a cui si è intrecciata una vita laboriosa e viva, è
controversa: chi dice, che risalirebbe a 500 anni fa, esattamente al 10 giugno
1492, anno della scoperta dell'America, chi parla addirittura del 1348. Il
canonico Fornelli, autorevole studioso della zona, nella sua «Storia
civile e religiosa di Piossasco», narra di un contratto, stipulato nel
1492, tra i signori del paese, i conti Orsini di Orbassano ed i signori di
Trana, che avrebbe permesso la derivazione dal Sangone, di una bealera, per
l'irrigazione dei campi e dei prati. Secondo il professor Giacomo Morello,
che sta lavorando al riordino dell'archivio storico comunale, il 1348 è
la data cruciale, poiché si ricorse ad un arbitrato tra i signori di
Piossasco, quelli di Reano, Trana, e Sangano. Nel 1799, intervenne addirittura
la forza pubblica, per intimare a Piossasco, in nome del re, la chiusura delle
saracinesche, che impedivano agli altri centri posti sul corso del rio Sangonetto
di poter fruire delle preziose acque. E l'episodio, venne tramandato come
una vera chicca, di generazione in generazione: si narra infatti, che le donne,
all'arrivo degli armigeri, si misero in riga davanti al corso d'acqua e all'intimazione
«noi abbiamo l'arma del re» si sollevarono le gonne, urlando «e
noi abbiamo l'arma della regina». Comunque, al di là della storia,
più o meno colorita, l'esigenza attuale, è quella di rivalorizzare
il Sangonetto, come un patrimonio, da cui si possono ricavare spunti validi
per uno studio sull'ambiente che lo circonda, puntando soprattutto al ripristino
dei sentieri a lato dei canali, al potenziamento arboreo e floreale, per giungere
addirittura ad immettere nuova fauna acquatica. I lavori, partiranno nei prossimi
mesi, ed impegneranno una serie di associazioni, tutte finanziate dai fondi
nazionali a favore dei giovani. Il primo documento del piano guida, prevede
la riconsiderazione dell'asse nel suo tratto cittadino, che andrà rivisitato,
come cuore verde della città, e intorno a cui dovrebbe snodarsi un
percorso pedonale, lungo 1.250 metri, che possa diventare luogo di svago e
di incontro, per tutti i cittadini, ed in particolare bambini e anziani.
a. au
StampaSera 26/03/1992
Il Sangonetto
A piossasco oggi si celebrano
i 500 anni del "Sangonetto, il canale irriguo realizzato nell''anno
della scoperta dell'America, e dalle 15 saranno molte le iniziative:
ballo a palchetto in via Cavour, assaggio di formaggi in via Rivalta,
tornei sportivi in via Costa, cori in piazza San Vito e giochi per
tutte le età in piazza XX Settembre. Sfileranno otto carri
teatrali.
|
La Stampa 27 settembre 1992
Pag 1
- 2 - 3 - 4 -
5 - 6
Maria Teresa Pasquero Andruetto