Sangano, Trana e laVerna di Cumiana
Per non dimenticare
La Seconda guerra mondiale e la resistenza
Oggi la Val Chisone celebra i caduti della lotta ai nazisti
4 ottobre 1964
Don Gianolio - relazione dell'opera svolta dal Clero
nella Guerra 1940 - 1945 nel paese di Trana
La Seconda guerra mondiale e la resistenza
Nel 1933 comincia, con il ritiro della Germania dalla Società
delle Nazioni, la inarrestabile corsa degli stati verso la Seconda guerra
mondiale, segnata da una serie di avvenimenti: il tentativo dei nazisti austriaci
di unire l'Austria alla Germania con l'uccisione del cancelliere Dolfus; l'accordo
dell'Italia con la Francia per garantire la difesa dell'Austria contro la
minaccia nazista; nel 1936 l'avventura italiana in Etiopia per la conquista
del "posto al sole", seguita dalle sanzioni economiche contro l'Italia
decretate dalla Società delle Nazioni; il riconoscimento da parte di
Hitler dell'impero d'Etiopia, l'inizio dell'amicizia italo-tedesca con la
firma dell'Asse Roma-Berlino.
Nell'anno 1938 si ha la sensazione che il conflitto temuto sia imminente:
Hitler opera l'annessione dell'Austria, rispettando però l'intangibilità
del confine italiano al Brennero; in seguito annette la Cecoslovacchia incoraggiando
l'Italia a fare altrettanto con l'Albania. Poi avviene l'invasione della Polonia
ed è la guerra. Il peggioramento delle condizioni di vita è
subito avvertito: c'è il razionamento, l'obbligo per i contadini di
portare il grano all'ammasso, si estende la "borsa nera" specialmente
nelle campagne.
Con i primi bombardamenti su Torino nel novembre 1942 diventa massiccio lo
sfollamento dalla città. La popolazione della Valsangone, con l'arrivo
degli sfollati, aumenta di 11.000 unità, passando da 20.000 a 31.000
abitanti; 3450 persone che fuggono da Torino non si insediano stabilmente:
verso sera raggiungono i paesi della valle, prevalentemente a mezzo del trenino,
per rientrare al mattino. Le sei corse giornaliere della tramvia si trasformano
in un'avventura.
Il Comune di Bruino (Bruino-Sangano) dopo l'unione del 1° marzo 1928,
che ha 1142 abitanti, aumenta con lo sfollamento, di 776 unità, di
cui 300 sono sfollati giornalieri.
A sera scattano l'oscuramento e il coprifuoco. Le privazioni, le sorprese
delle chiamate alle armi degli uomini dai 44 ai 47 anni (classi 1895-98),
i bombardamenti, le notizie sulla campagna di Russia e della disfatta sui
vari fronti, fanno scattare i sentimenti di avversione e di rifiuto per il
regime. Lo sciopero antifascista del marzo 1943 è la prima manifestazione
popolare di rifiuto della guerra e del fascismo, che si esprime in modo diverso
lunedì 26 luglio con manifestazioni di gioia e attacco e distruzione
alle sedi e ai simboli del fascismo (Descendunt statuae restemque sequuntur!,
5 Giovenale X, 58) "E calano dal loro piedestallo le statue, seguendo
la fune!"
Il 9 settembre, giorno successivo alla firma dell'armistizio, arrivano sulle
nostre montagne i primi soldati sbandati, che danno vita alla Resistenza attiva
in Valsangone.
Il primo gruppo di partigiani: il maggiore Milano con i capitani Cravetto
e Campanella e alcuni soldati e sottufficiali, che rifugiatisi dapprima all'albergo
Lago Grande di Avigliana, il 14 settembre salgono a Monterossino di Giaveno;
i fratelli Franco e Giulio Nicoletta, rispettivamente brigadiere delle Guardie
di Finanza e sottotenente carrista, dapprima ospiti di una famiglia di Bruino,
i quali, il 23 settembre, con alcuni giovani del paese, nascostisi in Pianca
per sfuggire a un rastrellamento in corso raggiungono il maggiore Milano in
una baita di Indiritto di Coazze.
Più tardi arriva il sottotenente Nino Criscuolo, venuto a Giaveno presso
l'amico Carlo Asteggiano, e chiama Sergio De Vitis a unirsi a loro. Le armi
se le procurano saccheggiando la polveriera di Sangano e i depositi militari
di Orbassano abbandonati dopo l'armistizio. Mario
Davide di Piossasco, evaso dopo essere stato catturato
dai tedeschi, con alcuni compagni si nasconde alle Prese di Piossasco, poi
si unisce al gruppo degli altri nominati prima. A metà settembre Eugenio
Fassino, allievo ufficiale pilota, si aggrega a loro, ora tutti insieme al
Colletto di Forno di Coazze.
A Sangano, alcuni giorni dopo l’8 settembre, capitano otto prigionieri
di guerra inglesi, fuggiti avventurosamente da un campo di concentramento
tedesco e trovano ospitalità e rifugio presso alcune famiglie. Il commissario
prefettizio Adolfo
Malvisi, informato dell'arrivo di un'autocolonna tedesca
per catturarli, il 15 settembre riesce a farli avvertire del pericolo ad uno
ad uno e a organizzarne la fuga, rischiando di essere individuato come responsabile.
L'ottantacinquenne Giuseppe
Filippi collabora col commissario al piano di fuga raggiungendo
i ricercati e fungendo da interprete, grazie alla buona conoscenza della lingua
inglese.
Ci fu chi l'8 settembre non fuggì sulle montagne.
Alla caserma del 3° Alpini di Pinerolo, la notizia dell'armistizio arrivò
verso il tramonto. Gli ufficiali sono chiamati a rapporto, e si attende, poi
viene adunata la compagnia e intanto si apprende che l'esercito è sciolto
e bisogna cedere le armi e le caserme ai tedeschi. Molti soldati fuggono.
Renato Sclarandi
torna a casa a Torino e si ferma fino al giorno 10. Torna in caserma la notte
di venerdì 10 settembre. All'alba si radunano quelli che sono rimasti
e intanto arrivano i tedeschi.
Perché non sono fuggito - scriverà sul diario - mentre alle
casermette ne avevo mille possibilità? Perché il Signore che
disse a S. Giuseppe "Presto, alzati e fuggi" non disse altrettanto
a me? Perché mi concesse invece un sonno tranquillo nella notte del
sabato? Perché voleva così.
Come sottufficiale credeva di non avere altra scelta che tornare in caserma
con tutti gli ufficiali e attendere ordini. Alle 17,40 un maggiore tedesco
viene in visita alla caserma e li minaccia di fucilazione. La domenica 12
settembre vengono caricati tutti su autocarri, portati alla stazione e dirottati
in campi di concentramento.
Il Maresciallo d'Artiglieria Rissone Giuseppe nasce a Torino nel 1912 da genitori
astigiani e, sempre a Torino, frequenta la scuola superiore, si diploma a
19 anni e successivamente si specializza in elettrotecnica, sua grande passione.
Coinvolto nella crisi degli anni 30, non trovando lavoro, si arruola nell'Esercito,
alla scuola Sottufficiali d'Artiglieria di Torino e, completati i relativi
corsi, è nominato sergente e destinato al 6° Reg.to di Artiglieria
con sede in Bolzano.
Nel 1939 sposa una ragazza di Sangano Olimpia Ruffino, si stabilisce a Bolzano
e lì nel novembre del 1939 nasce la prima figlia Iolanda e nel 1941
il secondo figlio Bruno. L'8 di settembre 1943 è catturato dalle truppe
tedesche e, rifiutando la proposta di collaborazione, è internato nel
campo di concentramento di Reitwin-Stettino (Germania del nord) e assegnato
a carico/scarico di carbone a temperature oscillanti a 30/40 gradi sotto lo
zero.
Dopo circa tre mesi di detto lavoro viene colpito da un attacco di nefrite
ematuria, ma non avendo febbre, è costretto a proseguire il lavoro
sino a quando, stremato dalle forze e ricoverato nell'ospedale per prigionieri
di guerra n°101 di Serau (Nieder-Laustiz), gli viene riconosciuta la grave
nefrite ematuria dai medici francesi ai quali era concessa la conduzione dell'ospedale.
Per la sua conoscenza della lingua tedesca viene trattenuto in tale ospedale
come interprete francese/tedesco e come fiduciario del cimitero in cui venivano
sepolti i nostri connazionali.
Il 13 febbraio 1945 (giorno del suo compleanno e in pieno inverno) arrivano
le truppe russe che "liberano" i prigionieri e li obbligano a percorrere
a piedi, senza equipaggiamento, oltre 700 km. attraverso il Brandeburgo, la
bassa Slesia e tutta la Polonia.
Ovviamente, durante il viaggio nuovi attacchi di nefrite fino al raggiungimento
della destinazione (ex campo di concentramento di Olesoika.)
Trascorsi tre mesi di sottomissione alle truppe russe, viene rilasciato e
rientra in Italia nell'autunno 1945 debilitato nel fisico da nefrite, denutrizione
e freddo patiti.
Riprende servizio al Distretto Militare di Torino ma dopo pochi mesi viene
collocato a riposo in considerazione delle gravi condizioni di salute. Muore
a Torino il 19 marzo 1950.
(testimonianza del figlio Bruno).
Per altri la scelta di salire in montagna non avvenne subito
l’8 settembre. Il gruppo di ragazzi di Sangano e Bruino, non ancora
sotto le armi, non dovette scegliere tra la fuga dall'esercito o l'imboscamento,
ma se schierarsi in armi con i tedeschi e repubblichini o con i partigiani.
Confluirono in Val Chisone nelle formazioni autonome, tutti nella Divisione
Marcellin. Nei primi mesi del 1944 erano state chiamate alle armi le classi
1923-25; una legge del 18 febbraio sanciva la pena di morte per i renitenti.
Nessuno dei giovani di Bruino-Sangano aderì alla R.S.I., l'unica alternativa
era di indirizzarsi verso le bande della Valsangone e della Val Chisone, sulla
base di rapporti di conoscenza e di amicizia. Così i giovani di leva
del paese si trovarono nella Banda "A. Catania" comandata da Fausto
Gavazzeni detto "Rossi", che aveva come vice il sottotenente Alberto
Lippolis, col nome di battaglia di "Eugenio Foresti".
Vi appartenevano: Giovanni
Gino, Giuseppe
Bonino, Fausto Gavazzeni, Giovanni
Bert, Giuseppe Garuffi, Roberto
Coletto, Piero
Sclarandi, Angelo
Spesso, Dario
Cattero, tutti di Sangano e Giovanni Valfrè, Ugo
Sestero, Gino Rosso, Cesare
Bei di Bruino.
I tedeschi intanto hanno insediato nella primavera un presidio alla polveriera
di Sangano. Qui nella primavera del 1944 tedeschi e repubblichini hanno il
loro punto più avanzato; la zona a monte di Avigliana-Bruino-Cumiana
è controllata dai partigiani. Frequenti cartelli avvertono: Achtung!
Bandengefahr! Attenzione! Zona controllata dai banditi!
II 26 giugno 1944, per iniziativa della delegazione garibaldina della Valle
di Susa, viene operato un attacco simultaneo alle polveriere di Sangano e
Nobel-Allemandi di Avigliana, con una azione che impegna le formazioni della
Valsangone, delle Valli di Lanzo e di Susa.
L'operazione comincia dopo la mezzanotte, mentre cade una fitta pioggia. La
Banda di Sergio De Vitis, divisa in tre squadre, si avvicina alla polveriera
di Sangano aggirando il monte San Giorgio. L'attacco comincia alle 6,15 del
26 giugno e si conclude felicemente dopo mezz'ora di sparatoria. Cessati gli
spari, una ragazza viene incontro a Pietro Curzel, "il Vecio" che
urla in un tedesco approssimato: "Camarada raus", per trattare la
resa del presidio.
Operazione riuscita: 17 prigionieri tedeschi, incetta di 8 pistole, 1 autocarro,
16 mitragliatori, munizioni e viveri. Sergio De Vitis stabilisce una linea
di difesa della posizione conquistata appostando delle squadre sul costone
sovrastante Sangano e controllando la stradale Giaveno-Orbassano, "il
Vecio" e un compagno portano a Forno di Coazze i prigionieri, mentre
altri perquisiscono la polveriera.
Alle 14 giunge da Bruino una colonna di 200-300 tedeschi, avvertiti da un
soldato del presidio che, sceso dal trenino a Sangano al ritorno dalla licenza,
ha udito gli spari e avvertito immediatamente i comandi di Airasca e Torino:
il colonnello von Klass ha disposto di rioccupare immediatamente la polveriera.
Lo scontro è inevitabile e dura fino al pomeriggio avanzato con i tedeschi
bloccati.
Verso le 17 i partigiani della De Vitis sono in ritirata verso Piossasco,
mentre il comandante resta nella postazione per proteggere il movimento. Poi
De Vitis lascia la polveriera e, risalendo la collina verso Trana, incappa
in una pattuglia nemica. Nello scontro cadono Giovanni Impiombato, lo stesso
De Vitis,
il tenente Stefano Maria Nicoletti, Mario Bertucci, Massimo De Petris, Giuseppe
Vottero di Rivalta, Bruno Bottino, Pantaleone Mongelli.
Teresio Gallo, detto "Tremendo", di Orbassano, è catturato
e sarà deportato in Germania; gli avieri Bressi e Craveia, che avevano
disertato dalla base di Airasca ed erano passati con i partigiani, sono riportati
alla base e fucilati; Eugenio Masiero, sfuggito alla cattura, cadrà
più tardi alle porte di Orbassano; della squadra si salva solo Luciano
Vettore. Un cippo eretto dal
Comune di Sangano nella zona della polveriera, ricorda
il tragico avvenimento.
In paese è appena terminata un'azione di rappresaglia contro la popolazione.
Oltre 50 civili sono stati condotti presso il cimitero di San Lorenzo e messi
al muro per essere fucilati. Il comandante tedesco ne ordina la liberazione,
lasciandosi convincere da un colonnello dell'esercito italiano preso in ostaggio.
I 17 tedeschi prigionieri saranno oggetto di scambio con 40 civili presi in
ostaggio a trana il 27 giugno in un rastrellamento, destinati a essere fucilati
se non fossero stati restituiti i militari catturati a Sangano. Lo scambio
accettato dal comandante Nicoletta evitò a Trana una sciagura e consentì
anche la liberazione di 3 partigiani, tra i quali Eugenio Fassino.
L'azione più importante della Banda Gavazzeni è l'attacco alla
caserma torinese della GNR di via Pesaro 15. L'idea è di Lino Gariglio,
milite della polizia ausiliaria repubblichina passato ai partigiani e confluito
nella Banda.
Partono in borghese nelle prime ore della mattina del 17 settembre 1944 da
Grange di Cumiana. In camion raggiungono Sangano e, nei boschetti cintati
delle sorgenti dell'acqua potabile, prendono gli ultimi accordi, quindi alla
spicciolata, salgono sul trenino Giaveno-Torino, portando con sé la
rivoltella individuale e due Sten.
A Torino scendono alla fermata antistante l'ospizio dei Poveri Vecchi e raggiungono
la casa di Gavazzeni. Di lì tre dei diciotto, Rossi, Foresti e Sclarandi
escono a ispezionare la zona per tracciare un possibile itinerario per l'uscita
che avverrà nel cuore della notte. Qualcuno li scambia per i soliti
sciacalli in cerca di bottino nelle case sinistrate. Il contrattempo li obbliga
a entrare subito in azione con il resto dei compagni. Allo stabilimento Lancia,
tramite conoscenze, Lippolis e Angelo Spesso riescono a farsi consegnare un
autocarro; poco dopo il gruppo incappa in due posti di blocco, uno tedesco
e uno dei repubblichini. La scampano fingendosi, coi tedeschi, militi della
TODT, coi secondi, operai della Lancia diretti a Bolzano.
Giungono nei pressi dello stabilimento Olivetti alle 20,30 allo scattar del
coprifuoco: quattro ore di sosta col cuore in gola, in attesa della notte,
quando il "nettareo sonno" - come cantava Omero - ottunde la coscienza
e allenta le difese.
All'una del 18 settembre, l'attacco a sorpresa alla caserma: disarmano la
ronda, fanno chiamare due della seconda pattuglia, costringono uno di loro
ad aprire, ed entrano nella caserma, sorprendendo, dicono i protagonisti,
100 militi... in mutande, e la tragica indecorosa situazione dell'avversario
rende un tantino più facile l'azione.
Lasciano la caserma alle 3,30, portando con sé 95 moschetti, 10 mitra,
3 mitragliatrici, 3 casse di bombe a mano e... il colonnello Giglione comandante
la la divisione di polizia, che ingenuamente si è presentato in pigiama
e pantofole, avendo sentito, dal proprio alloggio, strani fastidiosi rumori
nella vicina caserma.
Il 26 novembre 1944 comincia il grande rastrellamento che, nelle intenzioni
dei tedeschi, deve annientare tutte le formazioni partigiane e ripulire le
montagne della Valsangone.
La prima tappa è la Verna di Cumiana. La notte tra il 25 e il 26, un
reparto tedesco da Cumiana sale verso la Verna, base della 6a brigata "Antonio
Catania", formazione della divisione autonoma della Val Chisone di Maggiorino
Marcellin, al comando di Fausto Gavazzeni detto "Rossi". Alle 6,45
il borgo è circondato. In una casa i partigiani stanno festeggiando
un colpo riuscito. Si sentono i canti e le voci ed è perciò
facile raggiungerli.
Comincia la sparatoria, e cadono Giovanni Bert e Gianni Gino di Sangano con
altri sette compagni. Il gruppo superstite, trascinandosi i feriti, cerca
scampo nei boschi, inseguito dai tedeschi. La "caccia ai ribelli"
dura fino a notte nei boschi tra la Verna, Cumiana e la frazione Dalmassi
di Giaveno: 14 partigiani e 5 civili uccisi, una decina di civili catturati,
la Verna incendiata. Della Banda di "Rossi" pochi riescono a sfuggire:
Fausto Gavazzeni, ripreso, morirà a Mauthausen.
La notte del 27 novembre Lippolis, Sisto, Tarquino D., Angelo Spesso, Carniato,
Sclarandi e Colla raggiungono la frazione Picchi e ricuperano un autocarro
requisito tempo prima ai tedeschi, portandolo in luogo sicuro.
Il 24 settembre 1988, in una significativa cerimonia, presenti i comandanti
della formazione autonoma Val Chisone ed ex partigiani, fu benedetta un'urna
con terra raccolta nel campo di Mauthausen da alcuni studenti.
Il rastrellamento, cominciato la sera del 26 novembre sullo spartiacque Chisola-Sangone,
il giorno seguente si sposta in Valsangone, e si protrae fino al 1° dicembre,
lasciando un ricordo indelebile di atrocità contro i civili, incendi
e saccheggi di intere borgate.
Questa offensiva dei tedeschi e il proclama del generale Alexander che ordinava
"ai patrioti al di là del Po di cessare la loro attività
per prepararsi alla nuova fase della lotta", costringono a sperimentare
la "pianurizzazione", cioè a migrare verso il basso, organizzandosi
per operare nei centri abitati e discutere sul futuro dell'Italia, incontrandosi
con esponenti dei diversi partiti antifascisti.
Poi venne il 26 aprile: tutti in marcia verso le linee di appostamento. L'8
maggio 1945 i superstiti si ritrovarono a Sangano per onorare e ricordare
gli amici scomparsi.
La nostra storia non può però tralasciare almeno qualche accenno
alle sofferenze e ai lutti che colpirono la popolazione civile.
Il 9 gennaio 1945 è per la Valsangone una delle più infauste
giornate del periodo bellico: quattro aerei mai identificati, ma certamente
alleati, mitragliano il trenino nei pressi della stazione di Orbassano, causando
la morte di 48 persone e un gran numero di feriti, 150, tutti civili. Tra
i morti Ugo Malvisi di Sangano. Da quel treno era appena sceso un ragazzo
sanganese di 13 anni, Carlo Pognante, di ritorno dall'Istituto Artigianelli;
attardatosi per aiutare un'anziana compaesana, veniva ferito gravemente a
una gamba e decedeva per dissanguamento all'Ospedale di Sassi.
Il 27 gennaio 1945, alle ore 14 accade un analogo episodio: tre aerei sorvolano
Sangano, mentre sta per giungere il trenino in stazione. Un ciclista avverte
il manovratore che arresta immediatamente il convoglio. Dapprima quattro,
poi altre sei bombe cadono nell'area di Campo San Giorgio; una donna, Margherita
Goitre ved. Armando rimane uccisa e dilaniata dallo scoppio della prima bomba
sganciata nel corso della prima incursione. I passeggeri, scesi dal treno
si sono dati alla fuga nella neve che copre la campagna, mentre un aereo,
sorvolando a bassa quota, li prende di mira con la mitragliera, fortunatamente
senza far vittime. Un testimone ci ha riferito che gli aerei erano Spitfire
inglesi pilotati da avieri francesi, perché erano ben visibili, sotto
le ali, due dischi con bandiere francesi, ben visibili quando gli aerei scendevano
a volo radente. Accogliamo la testimonianza, che potrebbe aiutare a fare un
po' di luce sull'episodio del 9 gennaio successivo.
Indimenticabile per i Sanganesi è il pomeriggio di terrore della domenica
30 luglio 1944. Dapprima la rappresaglia per l'uccisione di un soldato tedesco
avvenuta sulla strada per Villarbasse: cadde colpito per vendetta il cancelliere
Caselli. La sera, una colonna motorizzata di tedeschi e repubblichini mosse
dal comando di zona di Scalenghe per incendiare Sangano. Molti si prepararono
a fuggire; un gran numero di fedeli si radunò in preghiera nella cappella
del Soccorso. Un grave incidente alla colonna motorizzata, nei pressi di Airasca,
salvò il paese dalla distruzione.
Il 30 luglio è una giornata dedicata alla memoria e alla riconoscenza
ed ha il momento più solenne nella processione con la statua della
Madonna del Soccorso. Una lapide nel presbiterio della cappella del Soccorso
ricorda che “il 30 luglio 1944 si infrangeva ad Airasca nemica spedizione
incendiaria mossa da Scalenghe alla distruzione di Sangano”.
Dal libro:
Storia di Sangano e della sua gente
Giuseppe Massa - Maria Teresa Pasquero Andruetto
Lazzaretti Editore, 1996.
Innumerevoli sono
i casi in cui si verificò, attraverso lo spazio ed il tempo, l'alta
protezione della
Madonna del Pio Perpetuo Soccorso
Per quanto riguarda Sangano,
(a parte le grazie testimoniate dai numerosi «ex voto»),
ci limitiamo ad accennare alcune vicende della seconda guerra
1940- 1945
La storia della popolazione di Val Sangone sotto l'oppressione
nazista è una storia di terrore e di sangue ininterrotto. Gli eccidi
cominciarono nel settembre del 1943 da parte delle S.S. tedesche a Giaveno,
e proseguirono per tutta la vallata. Presso Cumiana, nell'aprile 1943 mentre
erano in corso trattative per lo scambio di 36 prigionieri tedeschi contro
150 ostaggi civili, un maresciallo, di nome Rokita, ne trucidò 57,
per ordine del generale Hansen. Nel maggio vennero assassinate a Forno 24
persone, e sepolte quindi in una fossa comune ancora semivive e ricoperte
di pesanti pietre per affrettarne la fine. Altri 4 subirono la stessa sorte,
e a Coazze 10 abitanti vennero fucilati in piazza. Altre 41 esecuzioni avevano
luogo nei paesi vicini, e si giunse anche a bombardare il famoso Santuario
del Selvaggio, distruggendo 70 case. Nell'agosto i nazisti procedevano all'impiccagione
di 4 patrioti nella piazza di Giaveno e iniziavano quindi una potentissima
azione di rastrellamento, nella quale si manifestò tutta la loro sadica
ferocia nello sterminio, nell'incendio e nel saccheggio. Il martirio della
popolazione culminò nell'eccidio del novembre 1944 a Giaveno: qui 17
persone, arrestate in un caffè, vennero, dopo infinite sevizie, massacrate
con raffiche di armi automatiche.
Ma veniamo agli episodi che riguardano particolarmente Sangano, e per i quali
si attribuisce all'intercessione della Madonna del Pio Perpetuo Soccorso la
felice risoluzione dei fatti.
1941 —-Salvataggio dalla fucilazione dell'alpino Borello Ernesto
Sul fronte greco-albanese nel 1941 le truppe italiane passarono
un momento tragico per una situazione militare sconcertante. L'apino Borello
Ernesto, dopo aver vagabondato attraverso la zona, ritrovò il suo reparto
dopo il limite fissato per essere dichiarato disperso o disertore. denunciato
al Tribunale Militare per la condanna a morte, per interessamento del commilitone
sanganese alpino Aghemo Oreste trova in un ufficiale di Sangano il suo salvatore.
Non soltanto venne assolto dalla grave accusa di diserzione, ma gli vennero
pagati tutti gli arretrati
Riportiamo fedelmente la lettera dall'alpino Borello indirizzata all'ufficiale
sanganese:
« St.mo Colonnello, Non ho parole sufficienti per ringraziarvi quanto
meritate. Oh se non fosse stato di Voi, a quest'ora chissà cosa sarebbe
di me. Quanto siete buono e generoso. In tutta l'Italia non avrei potuto trovare
un'altra persona gentile come Voi. Comprendo tutto il lavoro che avete fatto
per il bene mio e della mia famiglia, e come subito volete, ancora una volta
curanni per la mia salute "come il medico cura i suoi infermi".
L'alpino Aghemo Oreste mi ha fatto capire che, rivolgendomi a Voi, è
quasi come mi fossi rivolto alla Real Casa, siccome un membro di questa è
vostro collega.
Io non sono degno neanche di guardarvi, un misero camerata come me, eppure
mi avete preso così fortemente fra le vostre braccia paterne, come
il figliol prodigo. Ci vorrebbe un uomo come Voi per paese. Se tutta l'Italia
prendesse l'esempio di Sangano, tutte le mete, sarebbero presto raggiunte;
e se i Capi delle Nazioni ragionassero come Voi il mondo avrebbe quella pace
tanto desiderata.
Ringraziandovi di vivo cuore mi firmo
Camerata Borello Ernesto.
Quando l'alpino Borello Ernesto viene col padre a Sangano per offrire un regalo ai suoi salvatori, sente questo consiglio: «Fate un'offerta alla Madonna del Pio e Perpetuo Soccorso di Sangano».
Notte 18-19 Novembre 1942
Bombardamento di una casa
Un colpo d'artiglieria colpisce in pieno la casa di Via S. Rocco n. 14. II proiettile, perforato il tetto e le volte, scoppia fragorosamente in una camera al piano terreno. Nessuna vittima e neppure alcun ferito.
15 Settembre 1943
Salvataggio da sicura morte di 8 prigionieri inglesi
fuggiti da un campo di concentramento
Riportiamo copia della dichiarazione inviata a suo tempo
al Comando Militare Alleato di Torino:
I sottoscritti, ciascuno per la parte che lo interessa, in ottemperanza alle
disposizioni comparse sui giornali, espongono qui appresso i fatti relativi
all'aiuto prestato ai prigionieri Inglesi, premettendo che sia ben chiaramente
inteso ch'essi non intendono gli sia offerto alcun premio o segno tangibile
di riconoscenza materiale. I sottoscritti sono paghi e soddisfatti di aver
operato secondo i dettami della loro coscienza e dei loro sentimenti e saranno
lieti se giungerà loro un semplice riconoscimento morale.
Ecco i fatti:
Dopo l’8 settembre 1943, otto prigionieri di guerra inglesi fuggiti
dai campi di concentramento, raggiungevano il territorio di Sangano, trovando
asilo ed aiuto presso i vari abitanti. Il giorno 15 settembre 1943 il benemerito
Commissario Profettizio, allora in carica, veniva informato essere imminente
un rastrellamento nella zona di Sangano dei prigionieri fuggiaschi inglesi
da parte dei tedeschi.
Sceglieva il Commissario Prefettizio immediatamente due individui di sua assoluta
fiducia perchè provvedessero per avvertire del pericolo i prigionieri
inglesi e a dar loro tutte le indicazioni necessarie per la fuga ed il trasferimento
in località più sicura. Infatti gli incaricati del Commissario
Prefettizio svolsero con rapidità ed intelligenza e con alto spirito
di fraternità l'incarico assunto tantoché in poche ore i prigionieri
inglesi furono bene instradati e poterono così salvarsi da sicura morte,
mentre sopraggiungevano i tedeschi inferociti che eseguivano scrupolosi sopraluoghi
obbligando ad accompagnarli di giorno e di notte, per varie riprese, negli
stessi sopraluoghi.
E' da segnalare in modo particolare il comporta mento, nelle circostanze suesposte,
del signor Filippi Giuseppe (vecchio pioniere della Cinematografìa
Mondiale), unico fra tutti a conoscenza della lingua inglese, il quale, vecchio
ottantacinquenne e molto male andato in salute, affrontò una faticosa
marcia in terreno accidentato per raggiungere i prigionieri inglesi e si prodigò
con tutte le sue forze.
Ecco le generalità degli otto prigionieri inglesi salvati:
Driver Latter Eric N. 922365, Age 23, Captured Cazala 1-6-42, Camp. n. 66 53 133 VI 112 IX L 1/2 Service.
Gunner Smith George n. 975865, Age 23, Captured Cazala 6-6-42, Camp. n. 66 53 133 XIII 112 IX 3 YRS.
Ptr. ThGRPE Bruce n. 4975832, Age 21, Captured Knightabridge 6-6-42, Camp. 23 53 133 XIV 112 IX L YRS.
Rfm. Semmonde Alfred n. 619302, Captured Cazala 1-6-42, Camp. 66 53 133 XIII 113 IX 10 YRS.
Gunner Miller Frank n. 860692, Captured El Adam 16-6-42, Age 25, Camp. 66 53 133 XIII 112 IX YRS.
Gnr. Richards Norman n. 945875, Captured El Adam 15-6-42, Age 24, Camp. 66 53 133 XVI XI 112 IX 4 YRS.
Gnr. Pearche n. 928608, Captured El Adam 14-6-42, Age 23, CC. 66 43 133 XVI XI 112 IX 3 YRS.
Gnr. Silberts Richars n. 981080, Captured Cazala 5-6-42, Age 33, CC. 66 53 133 XIII 112 IX 4 YRS.
Sangano (Provincia di Torino) 31 maggio 1945.
24 Gennaio 1944
Salvataggio da sicura «impiccagione»
Nel profondo della notte in una grande villa che ospitava
una ventina di Famiglie sfollate per la guerra, manca improvvisamente la luce
e contemporaneamente tacciono le radio. Un numeroso gruppo di armati con mitra
e bombe a mano bloccano tutti i cancelli del grandioso parco. Il Comandante
seguito da una diecina di militi mascherati, pretende l'immediata consegna
di un distinto professionista padre di quattro bambini, segnalato (erroneamente,
come più tardi riconosciuto) quale corresponsabile di un eccidio nella
zona viciniore e per corrispondente rappresaglia «impiccagione»,
Li affronta da solo, con un cappotto sul pigiama, il proprietario che, dopo
un lungo, concitato colloquio col Comandante, offrendosi personalmente quale
ostaggio della Persona ricercata, ottiene lo sgombro del Castello e l'abbandono
dell'impresa.
Aprile 1944
Bombardamento Campo S. Giorgio
Nell'aprile 1944 velivoli nemici sganciarono alcune bombe
su Sangano. Due caddero sul Campo S. Giorgio (una pietraia che era stata dissodata
e preparata con lavoro gratuito dei Sanganesi e poi donata alla Congregazione
di Carità del Comune a favore dei poveri e delle istituzioni locali)
a circa 200 metri dalla chiesa parrocchiale, dove molti fedeli erano raccolti
nella preghiera dei 15 Sabati.
La targa di ferro massiccio che segnalava detto Campo venne letteralmente
contorta e bucherellata in più punti. Nessuna vittima e neppure alcun
ferito.
26 Giugno 1944
Attacco di Partigiani alla Polveriera di Sangano presidiata dai tedeschi
Il comandante partigiano De Vitis raggiunge l'obbiettivo
e se ne impadronisce, ma è a sua volta attaccato da forze molto superiori.
La difesa è accanita. Con le mitragliette devono sparare contro autoblinde.
Sergio De Vitis cade da eroe, così come aveva quasi predetto ai compagni
prima di partire: « Se debbo morire chiedo di morire con una pallottola
in fronte ». Con lui cadono sette partigiani.
Rappresaglia tedesca oltre 50 sanganesi vengono portati al muro nei pressi
del Cimitero di Sangano. Tra essi un Colonnello, che chiede di parlamentare
col Comando. Ma l'ufficiale tedesco è atteso, e nel contempo un ordine
secco mette i rastrellati «con la faccia al muro». Un autocarro
sceso dalla polveriera con le salme dei caduti svolta sulla strada provinciale,
mentre i soldati tedeschi presentano le armi.
Ecco l'arrivo del Comandante tedesco che riceve il Colonnello con questa frase:
«Voi siete un ufficiale superiore dell'Esercito italiano. Cosa fareste
voi al mio posto?» «Tenente — dice il Colonnello —
io rispondo con una domanda. Quei disgraziati innocenti che sono con me al
muro, se fossero colpevoli dell'eccidio li avreste trovati sereni e tranquilli
nelle loro case?» «Ja — borbotta il tedesco — ja...».
Poi, dopo aver nervo-samente passeggiato in lungo ed in largo, si volta di
scatto ed ordina la pronta liberazione di tutti quanti.
1° luglio 1944 — Lettera del Commissario Prefettizio.
In data 1° luglio 1944 il Commissario Prefettizio scrive:
Il comando Germanico di questa Zona ordina di comunicare alla popolazione.
In conseguenza dei dolorosi avvenimenti del 26 giugno 1944 si avverte che
se si verificasse ancora il minimo incidente del genere, il paese di Sangano
e tutte le frazioni minori, subirebbero le seguenti rappresaglie:
Distruzione di tutte le case con il cannone e con incendio, salvo provvedimenti
più gravi.
1944
Salvataggio da mitragliamento
Un mattino del lontano 1944 verso mezzogiorno, mentre i Sanganesi:
Ferro Luigi, Fratelli Artero col cugino Carlo Artero, Viretto Giuseppe, rincasavano
lungo la strada provinciale Trana-Sangano, con quattro carri stracarichi di
legname, furono sorpresi dal rombo potente di velivoli nascosti tra le nuvole.
Con prontezza di spirito, portati i carri sul margine della strada, staccarono
prontamente i cavalli lasciandoli liberi attraverso i campi.
Gli uomini raggiungevano di corsa una folta siepe, inseguiti da un fitto mitragliamento
dei velivoli nemici, che erano scesi in picchiata sul bersaglio.
Il Molto Reverendo Parroco Don Gioana Giovanni, portatosi subito sul posto,
in seguito a notizie allarmanti giunte in paese, con Sua somma meraviglia,
vide i quattro cavalli che pascolavano tranquilli, mentre i suoi devoti parrocchiani
incolumi, consideravano il pericolo scampato, dalle numerose pallottole che
avevano colpito a segno i loro carri.
I loro occhi seguirono alti nel cielo i velivoli nemici che si dirigevano
verso Torino, alla quale avevano riservato il grosso delle loro bombe.
Luigi Ferro, glorioso ferito della prima guerra mondiale, si limitò
a dire: anche questa volta l'ho scampata bella!
Nell'autunno 1944, verso l'imbrunire, una colonna di oltre
200 (duecento) Austriaci-Tedeschi diretta sulla strada di Avigliana, sta per
cadere in una grande imboscata.
Un Sanganese ferma la Colonna e l'ospita nel suo castello per tutta la notte
col rischio di trasformare la Sua tenuta in un campo di battaglia. All'indomani
l'intera colonna abbandona la Valle del Sangone.
30 luglio 1944
Eccidio militari tedeschi
La domenica 30 luglio 1944, poco dopo il mezzogiorno, due
partigiani non conosciuti dai sanganesi si appostarono con una mitragliatrice
poco distante dal fabbricato del paese, vicino alla strada Sangano-Villarbasse,
all'altezza del ripiegamento della bealera che dalla strada di Villarbasse
si dirige verso la regione Braida. Attendevano il passaggio di due soldati
tedeschi. Giunto il momento spararono contro di loro a mitraglia: uno non
colpito riuscì a fuggire verso Sangano, l'altro fu colpito a morte,
e la salma, caricata sull'automobile dei partigiani fu trasportata a Giaveno.
Subito truppe tedesche autotrasportate giungono a Sangano sparando all'impazzata.
Cade il Cancelliere Caselli ed altri sono feriti.
Più tardi verso sera, si sparse in paese la voce che il Comando dei
tedeschi della Polveriera di Sangano aveva chiesto d'urgenza al Comando tedesco
di questa zona, di stanza a Scalenghe, un'azione di rappresaglia contro Sangano,
e che fra poco il paese verrebbe distrutto col cannone e con l'incendio. La
folla atterrita affollò la Cappella della Madonna del Perpetuo Soccorso...
per tutta la sera si elevarono continue suppliche... mentre altri si affannavano
a trasportare masserizie di casa nella campagna per salvarle dall'incendio...
In quel frattempo la spedizione di rappresaglia tedesca era veramente partita
da Scalenghe.
Ecco il prodigio:
All'altezza di Airasca, l'automobile tedesca si rovescia. Un morto, due feriti
gravi, molti altri tutti sanguinanti. Il comandante tedesco, deprecando l'azione,
dice: «Essere partiti per uccidere e noi caput». L'azione di rappresaglia
viene rimandata ed in un secondo tempo sospesa.
Trascriviamo la lettera indirizzata dal Rev. Prevosto di Airasca al Prevosto
di Sangano, testimoniante il fatto:
Airasca, 14 maggio 1945.
Molto reverendo e indimenticabile Signor Prevosto, rispondo ben volentieri
sull'argomento che la interessa, di cui sono anch'io, almeno in parte, testimonio
oculare.
La sera del 30 luglio 1944, poco dopo le funzioni vespertine, giungevano ad
Airasca, provenienti da Scalenghe, i camions di soldati, in parte tedeschi
ed in parte italiani, una macchina con il Comando e per ultimo un'autoblinda.
Il camion, per la velocità fantastica, pareva dovesse andar a finire
nella svolta contro la chiesa, ma passò oltre; la macchina del Comando
nell'entrare in paese si arrestò alle grida, che si elevarono d'intorno.
La blinda che sopraggiungeva a velocità pazza, cozzò contro
un palo del telefono, lo divise in due e ruzzolò capovolta nell'orto
della famiglia di Carena Giovanni. Tra i primi accorsi vi fui anch'io, con
l'Olio Santo, e trovai un tedesco morto nell'orto, colla testa staccata a
un metro di distanza, due feriti gravi, altri tutti sanguinanti. Il comandante,
austriaco, che parlava italiano, tra le prime cose che disse deprecò
la velocità esagerata, e poi: Andavamo per uccidere e invece noi kaput
(fummo uccisi)!
Quella sera sapemmo che dovevano andare in un paese verso Giaveno, più
tardi si disse: Sangano, per rappresaglia.
Scriva pure adunque a caratteri d'oro nella storia della sua parrocchia che
fu il DITO DI DIO AD ARRESTARE IL PREPOTENTE, che furono le preghiere, barriera
insormontabile, ad urtare e capovolgere i messaggeri della morte.
Aggiungo che anche Airasca passò qualche ora di sbigottimento per timore
di quella gente, che, in numero stragrande, di lì a poco invase il
paese e finalmente, con molta fatica, riuscì a portarsi via morto,
feriti e blinda senza altre complicazioni.
Avevamo anche noi poco prima pregato tanto in un'ora di adorazione; ne potevamo
proprio nulla; essi erano i soli colpevoli, pieni di alcool, sitibondi di
sangue.
Stamane mi recai sul posto e dal signor Carena proprietario ebbi riconfermate
le suddette notizie e per comprova mi fece vedere il suo orto, e una zolla
tuttora sterile, è il posto preciso dove precipitò la blinda.
Ricordandola sempre, rievocando i tempi belli di Mòns. Corio, per me
grande maestro di vita sacerdotale, con tutto il cuore e distintamente la
saluto, dicendomi felice se potrò averla ospite qui, a dircitante e
tante cose, sopratutto della protezione che la Madonna ebbe per noi in questi
tristi tempi di guerra.
In Gesù Cristo suo dev.mo F.to Sac. Romano Grosso, Prevosto
Il sottoscritto Rebola Ermenegildo abitante in Airasca, avente la casa confinante con quella del signor Carena, sulla cui proprietà avvenne il disastro, testimonio oculare di tutta la scena della catastrofe, conferma la verità di quanto è sopra testimoniato dal Rev, Signor Teol, Romano Grosso Prevosto di Airasca.
Sangano, 15 agosto 1947 - F.to Rebola Ermenegildo
La Madonna del Pio Perpetuo Soccorso
Aveva pregato con noi
Dio ha salvato Sangano
La Verna di Cumiana
I PARTIGIANI
DELLA DIVISIONE ALPINA
AUTONOMA VAL CHISONE
RIUNITI DOPO VENTI ANNI
RICORDANO I COMPAGNI CADUTI
CHE QUI COMBATTERONO
PER LA LIBERTA’
AUTUNNO 1944 - AUTUNNO 1964
4 ottobre 1964
Oggi la Val Chisone celebra i caduti della lotta ai
nazisti
Cerimonie a S. Martino di Cantalupa e la bivio di Cumiana – La Vallata di Pinerolo fu difesa per mesi dinanzi a forze preponderanti – Accerchiati dai tedeschi, i partigiani risposero: “Non deporreremo mai le armi. Queste montagne sono nostre”
Pinerolo. 3 ottobre
Domani, domenica, vi sarà nella zona un grande raduno di ex-partigiani
della Divisione alpina autonoma Val Chisone; con brevi cerimonie nei vari
luoghi saranno ricordati i Caduti di San Martino di Cantalupa, quelli del
bivio di Cumiana sulla provinciale Orbassano - Pinerolo (Aventino Pace, Angelo
Torricelli, Sergio Ferrero e Nino Torretta), quelli della frazione Verna e
i Caduti alla cascina Richetta e alla frazione Porta. Vent'anni fa, nel rigido
autunno-inverno del 1944, i nazifascisti, partendo dalle basi di Pinerolo
e di Torino decidevano di attaccare e annientare quei reparti della Val Chisone
che erano scesi verso la pianura e che effettuavano quasi ogni notte puntate
contro i presidi tedeschi e delle SS italiane, infliggendo gravi perdite,
danni rilevanti e impadronendosi di armi e di automezzi. All'alba del 4 novembre
veniva assalita da forze preponderanti a San Martino di Cantalupa la banda
«Fratelli Caffer» che aveva preso nome da coloro che erano stati,
assieme ad Enrico Gay, tra i principali animatori della resistenza in Val
Chisone, e che da tempo con una serie di imboscate insidiava il comando nemico
di Pinerolo: nel violento combattimento perivano con le armi in pugno il comandante
Eugenio Juvenal, Adolfo Serafino, Romolo Carrera, Domenico Ferrera, Rinaldo
Rinaldi e Omero Rosini. Il 27 novembre era la volta della banda «A.
Catania » che si era attestata in un villaggio di poche case, La Verna,
sopra Cumiana, da cui sferrava arditi colpi di mano (particolarmente audace,
fra i molti, il disarmo dei 117 uomini della caserma della polizia fascista
di via Pesaro in Torino): i nazisti, che avevano mitragliatrici e mortai,
circondavano la borgata tempestandola di raffiche rabbiose; la formazione
si ritirava dopo aver causato agli assalitori tre morti e parecchi feriti;
ma alcuni partigiani cadevano nei pressi del villaggio, altri venivano catturati
e fucilati a Giaveno; il comandante, Fausto Gavazzeni «Rossi»,
uno studente di ingegneria di Torino, preso prigioniero a San Bernardino di
Trana e deportato in Germania doveva morire più tardi a Mauthausen.
Domani sarà scoperta una semplice e nuda lapide che comprende i nomi
di Gavazzeni, Giovanni Bert, Giuseppe Bonino, Aurelio Carosso, Roberto Coletto,
Giuseppe Costanzia di Costigliole, Sergio Dal Bianco, Alessandro Garrone,
Giuseppe Garufl, Giovanni Gino. Il 30 dicembre una compagnia di paracadutisti
della «Folgore» giungeva alla cascina Riehetta di Cumiana dove
giaceva convalescente da una grave malattia Gianni Daghero «Lupo»,
ventenne capo di una banda di guastatori che aveva portato a termine nella
Val Chisone e nel Pinerolese decine e decine di rischiose azioni di sabotaggio.
Rinchiuso nel fienile che il nemico aveva dato alle fiamme, «Lupo»,
assieme a Giorgio Catti e Michele Levrino, resiste a lungo; poi i tre tentarono
una disperata sortita, ma furono abbattuti a colpi di mitra. Poco prima in
frazione Porta era stato catturato, barbaramente torturato e infine ucciso
a colpi di calcio di moschetto un partigiano della banda di «Lupo»,
Erminio Long, che si era rifiutato di tradire i compagni. Con queste feroci
repressioni il comando nazista contava d'avere stroncato la resistenza nella
zona. Ma quei morti sfigurati e riversi nella neve o tra le foglie umide dei
boschi, quei casolari bruciati che innalzavano lunghe colonne di fumo nero
nel cielo grigio dell'autunno, quelle fucilazioni e impiccagioni, quelle persecuzioni
di civili, quello spiegamento oltracotante di forze non fecero altro che aumentare
la volontà di lotta dei pochi superstiti. Del resto questa perseveranza
nella battaglia impari, anche fra difficoltà che oggi appaiono insormontabili,
era sempre stata una caratteristica della Val Chisone: la divisione autonoma
(autonoma nel vero senso della parola perché non dipendeva da alcun
partito e in essa affluivano e coesistevano a fianco a fianco uomini di diverse
fedi politiche) aveva difeso sin dal marzo del '44 la vallata accanitamente
contro un nemico che disponeva di forti contingenti di truppe bene equipaggiate,
di cannoni, di carri armati e che si serviva persino di caccia-bombardieri;
l'aveva difesa nonostante la fame, la scarsezza di armi e di munizioni, la
decimazione degli uomini; e solo nell'agosto del 1944 i nazifascisti che intendevano
attestarsi, con le spalle al sicuro, sullo spartiacque italo-francese per
contrastare gli alleati sbarcati in Provenza erano riusciti ad occupare l'intero
fondovalle e il colle di Sestriere. Ma nemmeno in queste condizioni la resistenza,
al comando di Maggiorino Marcellin (ora maestro di sci a Sestriere) e di Ettore
Serafino (ora avvocato a Pinerolo), era cessata: e gli oppressori erano stati
costretti a subire sfibranti attacchi e imboscate, ininterrottamente. Quando,
appunto nell'agosto del 1944, il generale tedesco aveva intimato la resa,
i partigiani gli avevano risposto: «Non deporremo mai le armi. Queste
montagne sono nostre». Domani gli ex-partigiani della Val Chisone si
ritroveranno, dopo vent'anni; mutati certo nell'aspetto, ma con lo stesso
spirito di allora, quando combattevano per la libertà e per la loro
vallata e credevano fermamente nell'avvento di un mondo migliore e più
giusto. r. s
La Stampa – 4 ottobre 1964
La Verna Cumiana
Alla Verna la croce in ricordo di Giovanni Gino
particolare Gino Giovanni + 1944
Trana
Internati e Reduci
Relazione
dell'opera svolta dal Clero nella Guerra 1940 - 1945 nel
paese di Trana (Prov. di Torino)
opera a vantaggio di sinistrati e sfollati
Sin dal Novembre 1943 quando i primi bombardamenti obbligarono
gli abitanti di Torino allo sfollamento,Trana fu letteralmente presa d'assalto
lata la sua comodità con Torino.
Per venire incontro alle miserie di tanti sfollati e sinistrati il Parroco
mise a disposizione locali sia per abitazione sia per ricovero del mobilio;
in seguito per ovviare nell'ambito del possibile a tutte le altre difficoltà
(penuria ai viveri, di suppellettili, di vestiario) fondò coll’aiuto
di brave persone la Conferenza di S. Vincenzo per la visita dei poveri a domicilio
che si rese ammirevole per il suo spirito ai abnegazione e per l’abbondanza
dei soccorsi in denaro in derrate alimentari e in vestiario.
In seguito il Parroco si fece propagatore per una raccolta a vantaggio dell'opera
"La Carità dell'Arcivescovo" e presentava nelle mani di Sua
Em. il Cardinale la vistosa somma di Lire Ventunmila.
Opera svolta dai Parroco in occasione di azioni di rappresaglia La quiete
di Trana fu turbata la prima volta il 9 febbraio 1944 quando repubblicani
esaltati volevano impiantare nel Palazzo delle Scuole un Comando Repubblicano.
Alle ore 14 dello stesso giorno capitò per le strade di Trana una feroce
scaramuccia fra Repubblicani e i Partigiani della Valle Sangone e i repubblicani
avuta la peggio lasciavano cinque morti.
Per impedire nuovi conflitti e sopratutto la vendetta sul Paese minacciata
dai Repubblicani il Parroco riuscì colla persuasione a far sloggiare
da Trana chi era l'anima per l’organizzazione di questo centro repubblicano.
Più tardi e precisamente il 26 Giugno 1944 i Partigiani di Val Sangone
in seguito ad una falsa interpretazione di ordini presero possesso di Trana
e della vicina Polveriera di Sangano.
Alla sera dello stesso giorno arrivò uno squadrone di tedeschi con
autoblinda e carri armati che gettò lo spavento in mezzo alla popolazione
con uno sfoggio di scariche di mitraglie e cannoncini.
Vedendo in seguito la loro impossibilita di sorprendere i Partigiani annidati
sulle montagne circostanti Trana, entrarono nelle case e prelevarono settanta
ostaggi in preferenza padri di famiglia-ostaggi che stavano per essere portati
in campi di concentramento.
Il Parroco saputa la cosa intervenne presso il comandante tedesco e assumendosi
la responsabilità dell'innocenza dei 70 detenuti riusci ad ottenerne
la liberazione fra il giubilo e la riconoscenza commossa di tutta la popolazione
in lacrime.
Con questa liberazione si stimava chiusa così triste parentesi, ma
invece nelle prime ore del 27 giugno piombava improvvisamente su Trana uno
scaglione di tedeschi della SS. della Bermans che bloccato il paese, fatta
man bassa sugli averi di molte case radunarono tutta intera la popolazione
(compresi i bimbi lattanti, i vecchi e gli ammalati) sulla piazza della Parrocchia
e li fra un apparato di forza bruta si venne ala scelta di 40 ostaggi scelti
fra i 20 e i 50 anni.
Contro di questi si pronunciò la fatale sentenza: "se entro alle
ore 19 di questa sera non saranno restituiti i 14 Tedeschi presi prigionieri
dai partigiani alla polveriera di Sangano questi 40 ostaggi verranno fucilati.
Grida di strazio e lacrime furono l'eloquente risposta di tutta la popolazione
e a queste grida il barbaro tedesco rispose: “Rivolgetevi al vostro
Parroco che si dia d'attorno per trovare i nostri 14 compagni, il Parroco
fedele al suo mandato percorse prima le montagne di Giaveno e Coazze; poi
lasciate persone di fiducia per trattare coi partigiani dell'investigazione
e in seguito della resa, egli col medico locale partiva per Torino ingannando
il Comando tedesco locale che si rifiutava a tale partenza, a Torino poi si
portava ai vari comandi della Repubblica e dei tedeschi per vedere di procrastinare
l'ora fatale della resa.
La Provvidenza e l'aiuto visibile della Vergine con condusse a buon esito
le pratiche e alle ore 20,45 i quaranta ostaggi potevano ritornare in seno
alle loro famiglie.
Dal giugno al dicembre (data dell’ultimo rastrellamento) fu un susseguirsi
di ore e di giorni di apprensione .I Partigiani occultati nei boschi di Trana
tentavano agguato ai tedeschi e repubblicani che transitavano sulla strada
provinciale Torino - Pinerolo - Giaveno, di modo che in parecchie circostanze
il Parroco e il Podestà (gli unici rimasti sul posto perché
tutti gli altri all’effettuarsi d'ogni imboscata si davano prontamente
alla fuga) s'industriavano per rimuovere morti e feriti onde evitare sul paese
probabili e feroci rappresaglie.
Nell'agosto una colonna di autocarri accompagnati da autoblinde e carri armati
arrivavano a Trana e facevano sosta sul ponte Sangone decisi a rimanere sino
a quando non avessero avuto dal Parroco garanzia che i partigiani per tre
giorni consecutivi non avrebbero tese imboscate, minacciando nel caso lo scoppio
di bombe piene di gas asfisianti che essi intendevano trasportare dalla Polveriera
di Sangano alla Stazione di Avigliana. E allora il Parroco per evitare danni
alla popolazione prende i sentieri della montagna e sul piazzale della Chiesa
della Maddalena sopra Giaveno raduna tutti i Capibanda e con preghiere ed
insistenze ottiene la richiesta garanzia.
Al culmine poi di tutto questo interessamento il Parroco accusato di favoreggiamento
ai partigiani veniva brutalmente prelevato dai tedeschi dalla Casa Parrocchiale
il 4 di dicembre e dopo una notte ai freddo e di sofferenze veniva gettato
col podestà di Giaveno nelle camere di sicurezza sottostanti all'ex
Caserma dei Carabinieri di Pinerolo. Per 22 giorni il Parroco scontava presso
i tedeschi S.S. della Bermans il suo interessamento a vantaggio della popolazione
affidata alle sue cure e solo ai 26 dicembre poteva fra il giubilo di tutti
ritornare al suo Ministero.
In Fede Trana 3 ottobre 1945
Gianolio Giuseppe Priore di Trana
per 26 anni
Sulla parete del campanile del Belvedere
NEL
1946 UN COMITATO PRESIEDUTO DA PONSETTO GUIDO SOTTO IL PRIORATO DI DON GIANOLIO GIUSEPPE COL CONCORSO DI TUTTA LA POPOLAZIONE CURAVA I RESTAURI DEL BELVEDERE IN RINGRAZIAMENTO PER L’INCOLUMITÀ DI TRANA NELLA BARBARIE NAZIFASCISTA |
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Maria Teresa Pasquero Andruetto