Il mitragliamento
del trenino
Torino - Giaveno
9 gennaio 1945
Vittime Civili di guerra
e delle rappresaglie naziste
9 gennaio 1945-1995 per non dimenticare
Comune di Orbassano
Torino, Giaveno, Orbassano, Trana, Piossasco, Bruino, Reano,
Pinerolo, Cumiana, Sangano, Villarbasse, Avigliana, Volvera
Associazioni
Comitato promotore
Ass. Naz. Vittime Civili di guerra
Ass. Salvina Matana
Aned - Deportati
Anpi - Partigiani
Centro Culturale del Comune di Orbassano
All'iniziativa hanno aderito tutte
le associazioni
iscritte alla Consulta Socio-Culturale e sportiva,
i circoli didattici e l'Itc "Sraffa" di Orbassano
9 gennaio 1945
Angela Accornero—Giuseppe Armando—Maria
Ballesio—Maria Bechis
Ida Boffa—Angela Bonadeo—Francesco Borgogno—Margherita Boucht
Margherita Capello—Luigi Caprioglio—Ivana Ceresole—Margherita
Coala
Maria Daghero—Giuseppe Dosio—Gino Ester—Amabile Ferrara
Angela Folia—Sebastiano Gallina—Matilde Gandiglio—Teresina
Giai Miniet
Giuseppe Giai Pron—Domenico Gorra—Ugo Malvisi—Mario Manetti
Paolo Marengo—Orsola Maritano—Salvina Matana—Elisabetta
Minola
Margherita Pautas—Giuseppe Pellengo—Alberto Percival—Carlo
Peretti
Luigi Piacenza—Carlo Pognante—Mario Ragosi—Lodovico Ramello
Clotilde Rapalino—Cesare Rocci—Pia Rolando—Bruno Rosa Clot
Giovanni Ruffinatti—Michele Ruffino—Derna Salvadori—Giuseppe
Sempio
Luigi Tarable—Angela Verri—Carlo Versiglia—Angela Viali
Secondo Viscardo Viali—Angela Volta
…fa’ che il frutto orrendo dell’odio,
di cui hai visto qui le tracce,
non dia nuovo seme, ne domani ne mai
Primo Levi
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Don Paolo Ganglio, Parroco della Ss. Trinità di Nichelino
Ero un ragazzino quindicenne in quel primo pomeriggio del
9 gennaio '45 quando, in compagnia di Giovanni Battista Bernardi (un giovane
geometra del CLN di Lingotto, rappresentante la DC), mi recavo a Giaveno.
Dovevamo portare un boccettino d'inchiostro emulsivo e alcuni fogli di carta
pelure necessari al proto che doveva stampare clandestinamente qualche volantino
o manifesto presso una Litografia torinese (Litografia Gili, via Pomaro 7,
quasi all'angolo di corso Orbassano. Non c'è più).
L'appuntamento era con alcuni giovani della SAP della Val Sangone al Comando,
mi pare alle dipendenze di Asteggiano e Maddalena. Se non erro uno di questi
giovani sarà poi il cognato del geom. Bernardi; era un ex allievo dell'oratorio
salesiano "E. Agnelli" dove redigeva un giornalino dal titolo emblematico
"TA", grazie al quale i fascisti si insospettirono e lui si diede
alla macchia.
Ci si doveva incontrare fuori Giaveno, lungo il muro della villa di un industriale
di cui non ricordo il nome. Ricordo solo che gli uccisero un figlio e che
la villa fu donata ad una congregazione di suore. La villa era sulla direttrice
di Coazze, ben prima del bivio per Forno, salendo sulla destra. Mi è
rimasta impressa perché non era la prima volta che facevo il galoppino
della carta stampata da ragazzi salesiani dell'Agnelli o di via Caboto.
Stampavamo in quella litografia grazie alla complicità di un dipendente
tanto che né il Sig. Gili (padre), una persona piccola, baffuta come
Occhetto, amabile e innocente, né il figlio, se ne accorgevano.
Allora le litografie stampavano con macchine enormi che mandavano avanti e
indietro una lastra di pietra (lito) con sopra impresso il contenuto della
carta pelure. I salesiani di via Caboto redigevano dispense scolastiche, e
noi un innocuo giornalino ("Il bum!") nelle cui pagine ogni tanto
si celava il volantino che subito dopo veniva estrapolato.
Torniamo al trenino: con Giovanni Battista viaggiavamo sul predellino: non
ricordo quant'erano le vetture, certo erano tutte stracolme degli operai della
FIAT che avevano concluso il turno. Vicino a me c'era un giovanissimo ragazzo
della Muti.
Mancava poco alle tre quando al cigolio dei vagoni delle varie giardiniere
(si chiamavano così le vetture che viaggiavano in curva, almeno mi
pare...), si unì il rombo possente di due caccia, credo americani "mustang"
(il mio giudizio è abbastanza esatto perché il mio papà
era un contadino dell'aeroporto Mirafiori e in seguito, ben prima di farmi
prete, divenni pilota, brevetto che conservo tuttora).
Mi pare che al primo passaggio non spararono o forse i colpi si mescolarono
al rumore assordante della frenata. Il mio vagone era in testa, fuggii subito
in direzione ovest, lasciandomi alle spalle le montagne e il treno: forse
passai davanti alla locomotrice. C'era neve, ghiaccio, freddo anche se la
giornata era tersa. Tutti fuggivano nella mia direzione: mi pare che sullo
sfondo ci fosse un lungo cascinale con il portone chiuso; un cascinale che
ritenni di rivedere molti anni dopo ancora con le breccie dei colpi sulla
parete perimetrale.
Non so come e nemmeno il perché, intesi troppo pericoloso correre in
quella direzione: mi voltai e corsi incontro agli aeroplani che erano in virata
forse già per la terza picchiata e raggiunsi il treno buttandomi a
terra lungo i binari e le ruote, mi facevo piccino e mi .facevo scudo delle
ruote e del binario al quale ero accoccolato, esile come una serpe.
Quando finì ero inebetito: vicino a me un ragazzo che mi pare si chiamasse
Masera si alzò e poi cadde in una pozza di sangue svenuto; era trapassato
da un proiettile e non se n'era accorto!!! Seppi in seguito che si salvò.
Giovanni Battista non lo trovai che a sera, a casa sua in via Passo Buole:
rientrai verso Torino su un camioncino militare che forse aveva dei feriti.
Quel giorno la carta pelure (che portavo in una cartellina da disegno stretta
da tre legacci) non arrivò a destinazione.
Elda Dalmasso – Giaveno
Avevo allora ventidue anni. Un tragico destino mi volle a
Torino in quel giorno.
Per il ritorno verso Giaveno il trenino era partito in orario alle 14 da Torino
ed intorno alle 15 stava rallentando per la fermata stabilita davanti alla
fabbrica di filati Depetris ad Orbassano.
Ricordo che il cielo era sereno e per terra si notavano i segni di una recente
nevicata: dappertutto c'era fango e scorrevano rigagnoli d'acqua.
Il trenino si era appena fermato quando fummo frastornati da un forte rombo
di motori che proveniva dall'alto. Alzando lo sguardo si videro effettivamente
quattro aerei di un colore che, ancora ora, non riesco a definire con esattezza:
predominante il colore giallo.
Si avvicinarono a noi incrociandosi e scendendo in picchiata. Ricordo che
, senza esitazione, tutti i passeggeri scesero dal convoglio e ci fu un fuggi
fuggi generale. Intorno non c'erano che la fabbrica e una sola cascina. Tra
grida e lamenti chi si mise a correre per i prati, chi si rifugiò sotto
il trenino, chi cercò scampo verso le due abitazioni. Io corsi, quasi
trascinata e spinta da una massa di gente, verso la sala d'aspetto della stazione
che era già gremita di persone tutte bocconi a terra. Si sentivano
soltanto urla di terrore. Fui una delle ultime e, non riuscendo più
ad entrare, rimasi sulla soglia. Sentii improvvisamente un intenso calore
alla gamba sinistra e mi ritrovai in terra come gettata da un forte spinta.
Ricordo di essere caduta a fianco di un uomo, appoggiando la testa sulle sue
spalle. Lo sentii immobile. Nel tentativo di rialzarmi lo vidi col cranio
sfracellato. Terrorizzata cercai di muovermi, ma il bruciore si era trasformato
in dolore e non riuscii a mettermi in piedi. Girando lo sguardo, mi vidi circondata
di sangue. Mi ritrovai a ripetere angosciosamente "mamma, mamma"
e non persi mai conoscenza.
Nel mio femore sinistro erano entrati un proiettile lungo come il dito mignolo,
alcune monete, la cassa intera di un orologio; questi oggetti si trovavano
nella borsa di una signora che, per ripararsi, se l'era messa sul capo. Il
proiettile, perforando quella borsetta, aveva scagliato nella mia gamba l'intero
orologio e le monete salvando però la vita alla signora.
Intanto al frastuono delle mitragliatrici subentrò uno strano silenzio:
il silenzio della morte, più di trenta passeggeri, ed il grido straziante
di dolore delle persone ferite.
I soccorsi arrivarono tempestivamente; mi ritrovai distesa sopra un'asse di
legno sistemata su un carretto che si dirigeva verso l'ospedale di Orbassano.
Intorno a me Don Toso dava l'assoluzione alle vittime distese sulla terra
bagnata e colorata di sangue. Presso l'ambulatorio del piccolo ospedale ricevetti
i primi interventi nel tentativo di fermare il sangue che continuava a scorrere.
Verso le 17 da Giaveno giunsero il vice curato Don Busso, il dott. Bresso
ed altre persone tra cui mio padre.
Feci il viaggio di ritorno verso l'ospedale di Giaveno stesa su un materasso
sistemato su un autobus fortuitamente allestito per il trasporto dei feriti.
Rimasi sette mesi ricoverata. Subii numerosi interventi: man mano che si potevano
evidenziare ad occhio nudo, poiché l'ospedale non possedeva un apparecchio
radiografico, mi venivano estratti frammenti del proiettile e dell'orologio.
L'osso del femore era stato spappolato. Durante le medicazioni, le mie grida
di dolore, come ho saputo in seguito dalle suore, si sentivano addirittura
dal ponte sull'Allasio in via Ospedale. La febbre non riusciva a scendere
ed il rischio di setticemia si faceva sempre più preoccupante. Il prof.
Ferrerò, ogni volta che giungeva a Giaveno per gli interventi chirurgici,
domandava alle infermiere: «È ancora viva Elda?». Finalmente
dopo un controllo radiografico eseguito presso l'ospedale Cottolengo di Torino,
mi furono estratti tutti i corpi che erano conficcati nella mia carne e molto
lentamente riuscii a guarire. I segni profondi di quel mitragliamento mi accompagnarono
per tutta la vita rendendo molto faticosa la deambulazione. Ora, a distanza
di cinquant'anni, mi trovo nell'impossibilità quasi totale di camminare.
Sono molti cinquant'anni, ma il tempo non è riuscito a cancellare in
me il ricordo di quel drammatico evento: sovente nei miei sogni rivedo le
scene terrificanti successe dopo l'incursione. Spesse volte al passaggio di
aerei militari mi pare di risentire il medesimo rombo assordante degli apparecchi
di allora. Il mio cuore sussulta ad ogni passaggio di aereo.
Alfredo Bombi
Dopo l'8 Settembre, in considerazione della giovane età,
avevo paura dei rastrellamenti dei tedeschi e mi muovevo con grande cautela
sia per andare a lavorare sia per il tempo libero.
Infatti quel tragico giorno ero andato a Torino per una commissione importante
e avevo lasciato la bici in casa di una amico che abitava in Via N. Sauro.
Al ritorno, per fare in fretta, mi ero appoggiato al predellino del trenino
pronto a scendere, in prossimità della fermata vicino alla fabbrica
DE PRETIS ho sentito improvvisamente il rombo di due aerei che hanno incominciato
a spararci addosso; preso dal panico e dalla paura sono corso in direzione
di una cascina che si trovava lì vicino alla fermata; sono entrato
da una porticina e mi sono nascosto nella cantina dove ho potuto vedere bene
che i caccia inglesi erano diventati quattro e che sparando si incrociavano,
lasciando poche speranze di salvezza ai miei compagni di viaggio. Ricordo
inoltre che mentre correvo verso la cascina a un certo punto sono scivolato
e una raffica di mitragliatrice falciava quasi di netto un signore che si
trovava dietro di me. Era tanta la paura che il primo pensiero è stato
quello di fuggire da quello orrore di sangue e di urla dei feriti per terra
messi in evidenza dalla neve che ricopriva i campi tutt' intorno.
Tra l'altro ricordo di aver visto la signora Dalmasso ferita vicina a un prete
di Giaveno che si teneva il braccio insaguinato, oltre ai corpi senza vita
dei VIALI, padre e figlio.
Devo anche sottolineare che mentre andavo a riprendere la bicicletta ho visto
tanta gente di Orbassano che accorreva in aiuti dei feriti.
Per anni quando sentivo il rombo di un aereo correvo a ripararmi.
A proposito del motivo che spinse gli alleati a mitragliare il trenino corse
voce (ma solo voci) che in quei giorni doveva transitare un grosso convoglio
di truppe tedesche e che certamente l'informazione data non era stata più
precisa.
Giaveno 18 gennaio 1990 ns. prot. 1864 del 23/1/90
Maria Giovanna Ruffino Massa
Signor Sindaco
Sono figlia di una delle vittime civili che il comune e l'Assessorato
alla Cultura di Orbassano ha commemorato domenica 14 gennaio u.s.
Mi sento in dovere di ringraziare Lei e l'Amministrazione che Ella presiede
per la celebrazione, spoglia di ogni retorica, di alto livello per l'intervento
del prof. Dellavalle e le preziose testimonianze, onorate dalla presenza di
Autorità civili e delle Associazioni.
Io, e con me altre persone con cui ho parlato, ho apprezzato moltissimo la
semplicità di tutti gli interventi a cominciare dal Suo e compreso
quella dell'illustre docente universitario, forse perché sono stata
abituata a tante commemorazioni nelle quali hanno sempre avuto parte di rilievo
le alate parole.
Non c'è modo migliore per ricordare le vittime che con l'impegno a
far si che il ricordo non si perda nella sua città che ha acquistato
in questi anni tanta nuova popolazione e che non ha vissuto quella tragedia
e bene ha fatto l'Amministrazione e l'Assessorato alla Cultura a mettere al
centro della commemorazione le testimonianze che mi auguro vengano raccolte
e pubblicate.
Nell'esprimere a Lei e all'Assessorato il ringraziamento, sono certa di interpretare
anche i sentimenti degli altri familiari giavanesi delle vittime.
Con ossequi
Comune di Orbassano
9 gennaio 1945-1995 per non dimenticare
Schizzo panoramico della carneficina (34 morti) provocata
da due caccia (francesi ? o alleati) nei primi giorni di gennaio del 1945
nei pressi della fermata Depetris (SATTI).
Oltre al treno mitragliarono anche i vagoni merci, i quali furono sganciati
dalla motrice alla vista dei caccia, perché così facendo si
credeva di salvare la motrice (locomotore) con i civili sopra, invece perirono
tutti.
I vagoni sganciati nei pressi della Cappella di Boglione, il treno proseguì
fino alla fermata, dove venne fermata dalla prima picchiata dei due caccia.
Passarono tre volte, la quarta solo più per voler fare una carneficina.
Io sono un testimone che oltre a vedere l’inizio del mitragliamento
, dopo di che con i miei compagni di lavoro della Depetris abbiamo traslocato
con il carretto della fabbrica, dalla fermata Depetris all’Ospedale
San Giuseppe sia i cadaveri che i feriti.
Li abbiamo messi sulla paglia nella prima stanza al piano terreno sulla
sinistra. Finimmo alla sera sull’imbrunire, dato che la carneficina
da parte dei nostri alleati, avvenne nelle prime ore di lavoro. Eravamo
tutti giovani apprendisti.
Testimonianza di Renato Marcellino classe 1925
Tessitura Meccanica di Seterie Depetris
G. R.
Mitragliamento a Orbassano 9 gennaio 1945
Enrico Bena Giovanna e Gino
Ruffino Lidia P.G.R. 9 gennaio 1945 Orbassano
G.R. 9 gennaio 1945 Orbassano
Grazia Ricevuta 9 gennaio 1945 Orbassano M.F.
martedì 9
gennaio 1945 — Orbassano
sabato 27 gennaio 1945 — Sangano
Sangano –
dal 5 al 14 novembre 2012—Sala Consiliare
Bruino – dal 16 al 25 novembre 2012—Sala Pertini
Giaveno – dal 30 al 9 dicembre—Sala Consiliare
Orbassano – dal 13 al 27 gennaio—2013 Centro studi AER
Maria Teresa Pasquero Andruetto