Piossasco
Era una splendida giornata ventilata e calda di fine gennaio
2010, quando, dalla cresta della Montagnassa, sullo spartiacque tra la conca
di Campetto e quella di Cumiana, sono sceso per ritornare a casa a Piossasco
e mi sono imbattuto sul roccione verticale di “pera luvera” che
emerge prepotente dal bosco circostante per un'altezza di circa 50 metri!
Che vista magnifica da lassù su parte della pianura piemontese, da
Cuneo fino ad Asti, coronata dalle Alpi e dagli Appennini. Mi sono sentito
pervaso da una sensazione intensa di pace interiore che eleva lo spirito e
conduce il pensiero a Colui che fu il creatore dell' universo intero.
Ma che pena ho provato al vedere lo stato pietoso di degrado del bellissimo
pilone in “barocchetto piemontese”, lasciato senza cure e abbandonato
all'inclemenza delle intemperie!
Da subito, mi è venuta la voglia prepotente di fare qualcosa; ma in che modo! Come si evince dalle prime foto scattate in quel lontano gennaio, il pilone (che sorge su di un basamento in muratura mista di mattoni e pietre a forma di piramide tronca) presentava la cuspide, in mattoni pieni, parzialmente rotta (mancante di 8 – 10 mattoni) senza croce ferrea, che generalmente sormonta tutti i piloni; aveva una bella nicchia chiusa da un cancelletto arrugginito, contenente un misero basamento eroso, resto probabile di una statuetta della Madonna in gesso, consumata da anni di intemperie! Ero talmente emozionato dal panorama da un lato, e dal pilone degradato dall'altro, che sul momento non sono riuscito a raccogliere le idee per valutare con precisione l'entità del lavoro. Tornato a casa, mi arrovellavo il cervello per superare tutte le difficoltà che si frapponevano alla realizzazione pratica dell'agognato restauro. Dopo alcuni giorni di pensieri “penosi”, invogliato e consigliato anche da mia moglie, ho iniziato a fare un punto fermo, per dipanare l'intricata situazione.
Per prima cosa, occorreva fare un rilievo quotato del pilone,
anche per quantificare con precisione il volume dei materiali occorrenti al
riattamento; presto detto: carta, matita, metro e … scalotto, dal momento
che l'altezza del bel pilone è mt. 3,23 dal suolo! Per cui ,scelto
lo scalotto in alluminio più leggero, dal colle di “pre”
mi sono inerpicato tra faggi e castagni, sino a “peraluvera”.
Faccio qui una parentesi per spiegare l'origine di tale denominazione. Pare
infatti che sul finire del 1800, l'ultimo lupo selvatico che scorazzava nella
zona, nelle notti di luna piena, andasse proprio sulla sommità di quel
roccione, per ululare la sua solitudine, cercando forse di richiamare una
compagna! Giunto lassù, debitamente legatomi per sicurezza, ho rilevato
le misure esatte, che mi sono servite per redigere il disegno in scala 1/20
della facciata, fianco e sezione verticale. Di ritorno al Colle di “Pre”,
con lo scalotto legato “a mo” di zaino sulla schiena, ho conosciuto
la Signora Andruetto Maria Teresa, che, appena saputo della mia intenzione
di procedere al riattamento, si è subito gentilmente offerta di aiutarmi
nel trasporto di materiali ed attrezzi, indicandomi, altresì, la via
più comoda per raggiungere il pilone, percorrendo la strada carrozzabile
sino alla cresta, ove si trova il ripetitore, e quindi proseguendo sul sentiero
pianeggiante della Montagnassa, fino a “pera luvera”.
Come seconda cosa, occorreva sapere con certezza, la proprietà di tale
manufatto, onde poter chiedere, al proprietario, il permesso alla posa in
opera dei materiali occorrenti al riattamento. Mi sono quindi recato presso
l'Ufficio Tecnico Comunale, dal geom. Borgiattino, che mi ha gentilmente assecondato
con la sua preziosa disponibilità, facendomi conoscere la proprietà,
che è risultata essere dell' Opera Pia San Giacomo di Piossasco, ricevuta
in eredità dal vecchio possessore, deceduto dopo anni di soggiorno
presso tale Istituzione.
A questo punto non mi rimaneva altro che procurarmi i materiali
e gli attrezzi necessari a svolgere “faticosamente” la posa in
opera.
Altro viaggio necessario l'ho dovuto effettuare per valutare, con precisione
assoluta, la quantità e quindi il peso dei materiali edili nonché
delle relative attrezzature, da trasportare, prima con l'auto “Panda
4x4 e poi per 20-25 minuti a piedi sino sul posto di lavoro. Oltre al solito
scalotto in alluminio, servivano corde varie e imbragatura per assicurare
il sottoscritto durante il lavoro, acqua lt.30, sabbia Kg.90, cemento Kg.30,
n°10 mattoni pieni, n°2 tavelle, secchio, cazzuola e cazzuolino, martello
e scalpello, pennellessa e pennello, croce in ferro a sez. quadrata, cavo
in rame per parafulmine, vernice per muratura bianca, rossa e azzurra, vernice
grigia antiruggine per ferro. Una ulteriore difficoltà imprevista ho
dovuto superare per procurarmi una decina di mattoni, che dovevano essere
fatti a mano inizio secolo, dal colore inconfondibile, affinchè non
stonassero con la parte superiore di cornice risparmiata dal fulmine. Finalmente
dopo numerosi giri periferici lungo i fossati e discariche abusive, ho trovato
una vecchia catapecchia demolita con accanto un mucchio di mattoni abbandonati.
La strada, che dal Campetto sale alle “Prese di Sangano”, è
chiusa al traffico; portare i materiali (oltre 150 Kg.) a piedi era impensabile:
occorreva pertanto un permesso per percorrere con l'auto la strada sterrata,
rilasciato dal Comando di Polizia Municipale di Piossasco, permesso che mi
fu accordato, grazie all'intervento della Sig.ra Franca Battistini “amici
del Monte San Giorgio” presso il Sindaco Sig.ra Roberta Maria Avola
Faraci.
Predisposta ogni cosa nel migliore dei modi, mi sono accorto con sgomento,
dell'imponente quantità di materiali da trasportare lungo il sentiero
di cresta! Quanti viaggi avrei dovuto effettuare da solo per avere tutto l'occorrente
a piè d'opera? Per fortuna molti amici si sono offerti di aiutarmi
in modo che con pochi viaggi sono riuscito nel trasporto di tutto l'occorrente.
Ad essi va la mia riconoscenza: Germena Bruno, Milanesio Piero, Dezzani Filippo,
Colombera Paolo e moglie Annalisa, ed alcuni amici loro. Finalmente a fine
maggio, ho iniziato il ripristino vero e proprio, smontando alcuni mattoni
della cuspide e aggiungendo quelli mancanti.
Per tale “delicata operazione” ho dovuto legare
lo scalotto piuttosto instabile sulla sommità del roccione non del
tutto liscia, e quindi usando una imbragatura da alpinismo, legare me stesso
attorno al pilone con una lunga corda che pur lasciandomi libertà di
movimenti, mi garantisse dal rischio di “volare” per 50 metri!
Indispensabile nell'esecuzione, è stato l'aiuto di mia moglie, che
porgendomi di volta in volta i mattoni e gli attrezzi necessari, mi ha evitato
innumerevoli sali-scendi dallo scalotto piuttosto traballante! Accingendomi
quindi all'opera di smontaggio della cuspide, ho trovato nella vecchia muratura,
la base in ferro della vecchia croce, fusa a livello dell'intonaco rimasto,
sicuramente colpita negli anni trascorsi da un fulmine, che fondendo la croce
in ferro sporgente dalla sommità, ha squassato buona parte della muratura
circostante! (ecco il perchè dei mattoni mancanti).
I riquadri esterni delle tre facciate si presentavano con l'intonaco assai
degradato dagli agenti atmosferici, e a mio parere, con i segni di qualche
fucilata diretta non proprio ai cinghiali della zona! La nicchia, più
protetta, conservava qualche zona colorata di azzurro con alcune fessure,
presto stuccate con un po' di malta cementizia.
Onde evitare quindi il ripetersi in futuro della caduta di un altro fulmine,
ho pensato di dotare il pilone di un idoneo parafulmine con cavo di rame interrato
sul retro con del carbone, affinchè disperda meglio l'energia elettrica
scaricata sul pilone stesso.
Da ultimo, ho cercato una statua della Madonna di giusta altezza, in cemento
bianco e non più in gesso, che ho fissato nella nicchia, dipinta a
nuovo con della malta di cemento.
Poiché la nicchia, che pure contiene avvolto nel nylon un libro ed
una matita per chi vuole lasciare una frase a ricordo della gita, mi pareva
alquanto spoglia, ho pensato di completarne il cielo, con la scritta: REGINA
MONTIS PIOSSASCI ORA PRO NOBIS .
A questo punto, per completare degnamente l'opera, ho invitato il nostro viceparroco, don Alessandro Martini, a fare una passeggiata in montagna in mia compagnia. Giunti al tramonto del sole dietro l'Aquila, sul posto, don “Ale” ha impartito la sua Benedizione alla Madonnina. E' stato un momento di grande commozione e soddisfazione che mi ha ripagato delle fatiche e dei rischi sopportati, per arrivare a tale risultato.
Demichelis Piercarlo - Vice Parroco Don Alessandro Martini - Demichelis Fabrizio
Recentemente, a fine anno, ho pensato di fissare una scritta
sul retro del pilone stesso, indicante la località: Pera Luvera,
dipinta da me sul rovescio di un nastro di policarbonato trasparente, in modo
da proteggere la vernice dall'inclemenza del tempo. Inoltre “qualcuno”
mi ha suggerito l'ipotesi che la statuetta si sentisse troppo sola, confinata
lassù lontana da tutti e che un piccolo lupo, accucciato ai suoi piedi,
Le avrebbe fatto buona compagnia. Purtroppo la ricerca di un lupetto accovacciato,
non ha avuto esito positivo; così ho dovuto ripiegare sulla statuina
di un cane-lupo ritto sulle quattro zampe, modesto emblema a ricordo del vecchio
lupo che da lassù ululava alla luna!
Contestualmente, visto che la facciata con la nicchia si presentava con la
verniciatura a calce bianca degradata dal tempo, in un primo momento avevo
pensato di pulire i mattoni con una spazzola di ferro, per renderli simili
a quelli delle fiancate (il barocco piemontese infatti è caratterizzato
da mattoni a vista). Ma poi un amico mi ha fatto notare che, l'imbiancatura
della facciata, aveva unicamente lo scopo di dare maggiore risalto al pilone
in modo che, guardandolo dal basso, risaltasse maggiormente sullo sfondo verde
del bosco, per cui ho provveduto anche a riverniciarla di bianco.
L'unico mio rimpianto, è quello di non essere stato capace di rintracciare
qualche “vecchio” piossaschese, che potesse dirmi il motivo e
la data precisa fine 800-primi 900) per cui è stato edificato un così
bel pilone in quella particolare posizione, isolata, scomoda, nonché
pericolosa.
Demichelis Piercarlo
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Maria Teresa Pasquero Andruetto